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Riceviamo e pubblichiamo
Palermo, 7 maggio 2011 - Le dichiarazioni dell’on. Cracolici riportate nella sua intervista in merito alla proposta da me avanzata di un governo istituzionale costituito con la partecipazione di tutte le forze politiche regionali desta stupore per più di una ragione.
L’on. Cracolici, per tentare di svalutare la mia proposta, la definisce con il termine ‘marmellata’.[MORE]
Mi si consentano due osservazioni. La prima è che la marmellata, in genere, è molto buona, energetica e gustosa, si accompagna al panino, ricorda merende fanciullesche e adolescenziali, e persino qualche piccola trasgressione che probabilmente non è nella natura del serioso on. Cracolici.
La seconda, ben più seria, è che la marmellata, di solito, è il risultato di un'attenta e sapiente elaborazione di frutti di una sola specie. Forse, l’illustre onorevole intendeva riferirsi alla ‘macedonia’, ma la sua formazione "monista" e forse anche un pò monolitica lo ha fatto confondere con la ‘marmellata’.
Sempre a proposito di termini utilizzati nella nota dell'onorevole Cracolici, mi pare interessante l’uso del termine ‘nostalgia’ a me riferito.
Non so a quale ‘nostalgia’ voglia fare riferimento, in quanto la frase viene lasciata incompleta. Posso, peró, immaginare che dovrebbe trattarsi della nostalgia di una politica responsabile e coerente che sappia cogliere i momenti drammatici della vita del Paese e sappia mettere a tacere lo spirito di parte tutte le volte che la "Patria" chiama.
A titolo d’esempio, si possono ricordare insegnamenti straordinari di grandi statisti del Partito Comunista Italiano che seppero individuare i problemi e farsi carico delle responsabilità. Togliatti, alla fine della guerra, seppe partecipare allo sforzo comune e convivere con forze politiche molto lontane dalla sua ispirazione. Berlinguer, dopo i fatti cileni e davanti alla drammaticità della situazione interna e internazionale, seppe lanciare il ‘compromesso storico’ e, successivamente, la ‘solidarietà nazionale’. Anche lui aveva compreso che la crisi e le istanze dei giovani, del mondo del lavoro, dell’economia non potevano essere soddisfatte con soluzioni politiche transitorie e di parte.
Oppure dovrebbe trattarsi della nostalgia di una stagione nella quale la democrazia era ‘autentica’, gli elettori esprimevano scelte di indirizzo e venivano rispettati, gli eletti si sentivano legati agli elettori e governavano con il consenso che avevano ottenuto sul proprio progetto, senza utilizzare i voti di altri, espressi ed ottenuti sulla base di progetti accettati dall’elettorato. Lo stesso centralismo democratico, che aveva retto la politica interna del Partito Comunista, derivava da una profonda legittimazione democratica, misurata in un serio processo interno di selezione della dirigenza e con la verifica del voto popolare.
Sarebbe utile avere nostalgia di tutto questo, anziché di una filosofia alla Arbore, “meno siamo, meglio stiamo”.
Ma queste nostalgie, purtroppo, non sono apprezzate dall’illustre onorevole Cracolici, che stimo e conosco, ma del quale proprio non riesco a condividere il pensiero.
Dico subito perché.
Paul Mattick, parlando di Lenin, dice “Il fatto che i modi con i quali si ottiene, i mezzi che portano al potere, determinano a loro volta la maniera in cui tale potere è applicato, era una materia che gli interessava poco”. Niccolò Machiavelli, pur cercando di trovare, cinicamente, la miglior soluzione ai problemi dello Stato, affermava “si habbi nelle cose a vedere il fine e non il mezzo”.
L’onorevole Cracolici, forse, immagina di poter governare e salvare la Sicilia adottando i metodi noti di una politica antica, una sorta di machiavellismo leninista in salsa locale.
Come dicono attenti osservatori, a Palazzo dei Normanni ci si prepara ad un altro giro di valzer. Il Partito Democratico chiede, infatti, un salto di qualità per vedere «se esistono le condizioni per aprire una nuova prospettiva politica fondata sull'alleanza delle forze progressiste, moderate e autonomiste all'insegna dell'innovazione».
Ho l’impressione che non dovrebbe essere il Partito Democratico a dettare i prossimi passaggi considerando che non ha avuto alcuna legittimazione da parte dell’elettorato. A meno di non voler sostenere che in Sicilia il risultato elettorale non conti nulla.
Ci aspettiamo che sia il Governatore Lombardo a proporre una soluzione per salvare la Sicilia, favorevole o contraria alle proposte che ognuno porta avanti, ma almeno legittimata dalla sua rappresentatività e, noi speriamo, compatibile con gli orientamenti espressi dall'elettorato.
Non chiediamo consociativismo, ma assunzione chiara di responsabilità, di alleanze, ordinarie o straordinarie, per garantire il rispetto del voto, per salvare la Sicilia, per garantire la continuità del governatorato Lombardo ed anche degli istituti autonomisti.
On. Ferdinando Latteri