Lamezia Terme: colpi d'arma da fuoco contro la comunità di Don Panizza, il prete anti n'drangheta
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LAMEZIA TERME (CZ), 11 APRILE 2012- Due colpi di pistola sono stati esplosi contro la saracinesca della comunità “Progetto Sud” gestita da Don Giacomo Panizza nel quartiere Capizzaglie di Lamezia Terme (Cz). L’atto intimidatorio è avvenuto durante le festività pasquali. L’edificio che ospita la comunità è stato confiscato alla potente famiglia della n’drangheta dei Torcasio. Nello stabile si fornisce assistenza ai disabili e agli immigrati. Non è la prima volta che Don Giacomo Panizza e le sue attività sociali vengono presi di mira. Nel febbraio scorso un colpo d’arma da fuoco colpì una finestra della comunità mentre nella notte di Natale un ordigno è stato fatto esplodere davanti l’ingresso del centro per minori coordinato dallo stesso religioso.
Don Panizza ha dichiarato al telefono«Si può dire che sono un po' confuso? Ecco, io credo che stanno esagerando. Ci stanno sfiancando e sarebbe importante capire le cause perché così non sappiamo come muoverci, chi denunciare ed a chi dire di smetterla». Il prete anti n’drangheta non demorde e ci tiene a precisare che non intende abbassare la testa davanti a queste vili intimidazioni «Noi, comunque, proseguiamo nelle nostre attività e non torniamo indietro perché ciò che facciamo lo facciamo perché la gente ha bisogno di questo tipo di servizi e non li lasceremo da soli». [MORE]
Don Panizza può essere definito senza dubbio un prete in prima linea contro la malavita organizzata. Di origini bresciane, prima di prendere i voti ha lavorato come operaio in un’acciaieria. Nel 1976 ha fondato la comunità “Progetto Sud” autogestita con persone disabili. Nel 2002 la stessa comunità ha deciso di prendere in gestione il palazzo confiscato alla famiglia Torcasio, temuta cosca lametina. «Abbiamo dovuto mettere le telecamere – ha aggiunto Don Giacomo Panizza – circa due anni fa sono venuti a tagliare i freni di un pulmino e di un'auto per il trasporto dei disabili, c'è pure la discesa... Anche il vescovo ha ricevuto una lettera con disegnata una cassa da morto e la sua foto sopra».
Davide Scaglione