La verità sul mistero dell'omicidio di Pasolini nel libro "Pasolini, massacro di un poeta"
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LAMEZIA TERME (CZ) 22 FEBBRAIO - Dire la verità, tutta la verità sul misterioso omicidio di Pier Paolo Pasolini attraverso prove inconfutabili è l’obiettivo della giornalista Simona Zecchi, autrice del libro-inchiesta “Pasolini, massacro di un poeta” presentato nel corso di un incontro organizzato dall’Uniter di Lamezia Terme, presieduta da Italo Leone. Reduce da un tour in alcune scuole della Calabria, Simona Zecchi ha illustrato il contenuto del suo libro- inchiesta procedendo non per ipotesi, ma per documenti e materiali inediti dai quali emergono nuovi elementi che smontano la versione ufficiale della morte di Pasolini individuata nell’ambiente della prostituzione giovanile, per mano di Pino Pelosi, e nel misterioso Appunto 21 di Petrolio. [MORE]
La giornalista, partendo dalla orribile notte del 2 novembre 1975, in cui all’Idroscalo di Ostia si consuma il massacro tribale di Pier Paolo Pasolini, ripercorre l’intera dinamica dell’assassinio facendo emergere verità taciute e falle giudiziarie attraverso l’utilizzo di documenti, testimonianze esclusive, interviste, atti degli archivi di Stato, foto, ritenute « come elemento narrativo oltre alle parole che danno ai fatti un significato nuovo» . Spostandosi nelle varie località, nel corso della investigazione, la Zecchi giunge in Sicilia e anche in Calabria, presso il Tribunale di Catanzaro, dove si stava svolgendo il processo di Piazza Fontana, venendo in possesso di ulteriori documenti, indispensabili per fare luce sulla buia vicenda.
A conclusione della certosina ricostruzione, la giornalista deduce che si trattò di una trappola, di un omicidio su commissione, di un massacro tribale al quale parteciparono almeno 13 persone in quanto una sola persona non avrebbe garantito la eliminazione certa del letterato Pasolini, fermamente voluta dai mandanti. «Le perizie dimostrano che Pasolini si difese fino all’ultimo essendo uno sportivo abituato alla resistenza» ha affermato Simona Zecchi secondo la quale la morte di Pasolini fu decretata dalle convergenze di interessi rappresentati dalla bassa ed alta criminalità, dai fascisti locali e catanesi, da elementi dei servizi segreti, da qualche politico, a cui lo scrittore dava fastidio, dall’estremismo extraparlamentare di destra e dalla criminalità romana e di Catania da dove proveniva parte del commando.
Nel libro la Zecchi cita il furto delle pellicole di Salò e un riscatto di 50 miliardi di lire per riaverle, considerandolo «non il movente ma l’espediente, una trappola per adescare Pasolini in quella tragica notte». Il movente vero, sicuramente, si può ascrivere al contesto turbolento di quegli anni e al linguaggio poetico, al cinema, alla narrativa e alla saggistica con cui Pasolini denunciava le criticità di quei tempi, le responsabilità della DC nelle stragi come in quella di Piazza Fontana, Piazza della Loggia, manifestando la volontà di conoscere la verità delle stragi. Erano anni difficili, con scontri da varie fazioni politiche, tra comunisti e fascisti. Pasolini - ha chiarito l’autrice - si trovava in un mondo che criticava ma al tempo stesso esprimeva con forza la sua libertà di espressione e di scandalizzare». Ben evidenziati nel libro i depistaggi, le manipolazioni di testimoni e di atti probatori, operazioni avallate dalla stampa, dalle istituzioni, dalla polizia e dalla magistratura mentre aleggiava un clima di violenza e di minacce continue nei confronti del personaggio scomodo, Pasolini. «Il poeta – ha sostenuto la Zecchi - era stato minacciato durante la lavorazione del film “Salò” e telefonicamente prima di essere ucciso barbaramente ».
Foto: Simona Zecchi
Foto: Pier Paolo Pasolini
Lina Latelli Nucifero