La stoltezza sbarra le porte a Dio
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L’uomo è sempre libero di seguire la direzione scelta, ma nel tempo le crepe di un progetto privo di Dio verranno fuori nella diversità dei vari campi con estrema trasparenza, facendo crescere ogni forma di stoltezza. Chiare in proposito le parole del Signore in Isaia (44, 25): “Io svento i presagi degli indovini, rendo folli i maghi, costringo i sapienti a ritrattarsi e trasformo in stoltezza la loro scienza”.
L’essere umano insipiente anche se scienziato, sapiente, indovino, potente in qualsivoglia sua attività terrena, prima o poi sarà costretto a fare i conti con la sua falsità. Il Signore permette ad ognuno di essere libero nel proseguire nelle sue azioni, ma se manca la conversione del cuore le tante condotte umane, qualunque sia il ruolo rivestito, mostreranno la irresolutezza e i danni procurati al singolo e alla comunità.
È necessario che l’uomo capisca che sulla sua parola, a volte ignara della presenza di Dio nella sua storia personale e in quella del mondo, non sarà possibile costruire il futuro dell’umanità, né tantomeno creare alcuna vera speranza.
Non si potrà di conseguenza mettere veramente mano alla risoluzione concreta dei problemi atavici e attuali della nostra realtà sociale. La parola dell’uomo, attinta invece nella sapienza eterna di Dio, è capace di trasferire nella quotidianità la luce divina, permettendo di esplorare la profondità delle questioni da affrontare a più livelli.
L’uomo di fede deve perciò svegliarsi dentro, anche perché è l’unico modo per far capire a chi non crede che un altro modello di vita, più giusta e meno alterata, sia possibile. Ma il credente è convinto di avere solo fede nella Parola, perché Lui è l’Onnipotente Signore sulla terra e nei cieli?
Che a Lui basti mettere un pensiero nuovo nel cuore per cambiare la storia in cui oggi si vive? Senza una risposta affermativa in piena coscienza come potremmo rispondere a chi chiede ad esempio: “Perché il Signore non interviene a stroncare ogni forma di male attorno a noi?”.
Chi vive per il Signore dovrebbe far intendere all’altro che un Suo intervento, su ogni peccato fatto dall’uomo, renderebbe la terra un deserto. Chi non pecca quotidianamente? Per tutti c’è però la possibilità di redimersi, senza un timer che ne segnasse la scadenza. Chi sbaglia ha bisogno dell’amore del prossimo. Amore chiama amore, ricorda Papa Francesco.
Il tempo impiegato per la conversione è sempre tuttavia personale. Basta pensare a Mosè e al Faraone. Non si diede forse a quest’ultimo il tempo di ben dieci potenti segni per il suo ravvedimento? La sua morte non nasce dall’abbandono di Dio, ma dall’insipienza manifestata nell’attraversare il mare, come fosse la terra.
La grandezza mostrata nella superbia del proprio ruolo è figlia della stoltezza e del proprio male. Non ci vuole molto ad ammettere che tutti i disastri oggi conosciuti in politica, nell’economia, nella pace dei popoli, nella scienza, nel governo delle cose, sono il frutto di uno sconsiderato operato umano.
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