La partita della morte: gli eroici calciatori che sfidarono il Terzo Reich
Cronaca Lazio Roma

La partita della morte: gli eroici calciatori che sfidarono il Terzo Reich

venerdì 27 gennaio, 2012

FIRENZE, 27 GENNAIO 2012- Era un afoso pomeriggio quello del 9 agosto 1942 a Kiev. La città era occupata da undici mesi dalle truppe naziste. Il fronte orientale della seconda guerra mondiale aveva mostrato tutta la sua brutalità coinvolgendo non solo gli eserciti ma, soprattutto, le popolazioni, vessate dal dominio hitleriano. Le vie dell’odierna capitale ucraina erano deserte in quelle giornate estive ma tappezzate da molti manifesti che informavano i cittadini della partita tra lo Start Fc  e il Flakelf, squadra composta da ufficiali tedeschi della Luftwaffe (secondo alcune versioni vi militarono anche collaborazionisti ungheresi).

Nei giorni precedenti lo Start aveva già sonoramente battuto i tedeschi che erano desiderosi di ottenere la revanche. Tuttavia non si trattava di un sano sentimento di rivalsa sportiva, le circostanze non lo permettevano. I nazisti schiumavano rabbia. Dei bolscevichi, appartenenti a una razza inferiore avevano “osato” sconfiggere (seppur in una partita di calcio) il Terzo Reich. Bisognava ottenere una rivincita. A tutti i costi. Lo Start Fc era   un’improvvisata squadra mista di giocatori delle locali e famose squadre della Dinamo e del Lokomotiv : Nikolai Trusevich, Mikhail Sviridovskiy, Nikolai Korotkikh, Aleksey Klimenko, Fedor Tyutchev, Mikhail Putistin, Ivan Kuzmenko e Makar Goncharenko della Dinamo Kiev e Vladimir Balakin, Vasiliy Sukharev, e Mikhail Melnik provenienti dal Lokomotiv. 

Durante l’occupazione molti di essi lavoravano in una fabbrica di pane. Malgrado la mancanza di allenamenti e, ancor più, gli stenti e le privazioni subite, quei ragazzi non avevano perso il loro talento calcistico. Il 9 agosto non si disputava un semplice match di calcio. Fu evidente a tutti che quella sfida aveva assunto un significato di ben più vasta portata.

Come accadde negli incontri precedenti l’arbitro designato per l’incontro era un SS…con tutte le immaginabili conseguenze del caso. Un arbitraggio, sfacciatamente, a senso unico, a favore, ovviamente, dei tedeschi. Impeccabili nelle loro divise da gioco i nazisti, maglie e pantaloncini di fortuna per gli ucraini. Sugli spalti dello stadio Zenith la presenza degli ufficiali e dei soldati nazisti era, prevedibilmente, schiacciante. Voci non confermate testimoniano che di tanto in tanto contro i giocatori dello Start arrivavano raffiche di mitragliatrice Mg , tra le risate e l’approvazione dei tedeschi.[MORE]

Ai ventidue scesi in campo fu imposto di salutare con il braccio teso il Fuhrer: i giocatori ucraini si rifiutarono, attirando su di loro ancor più avversione. I nazisti si portarono in vantaggio nei primi minuti ma subirono la rimonta dello Start che concluse il primo tempo sul 3-1, dimostrando ancora una volta una netta superiorità. Già, la superiorità, quella che volevano, ossessivamente, dimostrare i nazisti. Uno smacco simile doveva essere evitato. Nell’intervallo un ufficiale tedesco fece visita agli ucraini nella loro baracca, che fungeva da spogliatoio, e senza giri parole minacciò di morte i calciatori se questi avessero vinto la partita. Il messaggio era chiaro e inequivocabile: scendere in campo per perdere.

A questo punto il racconto inizia ad assumere le sembianze della leggenda. I giocatori iniziarono il secondo tempo sotto tono permettendo al Flakelf di  pareggiare e portarsi quindi sul 3-3. La razionalità e l’istinto di sopravvivenza avevano bloccato le gambe degli ucraini. I nazisti non scherzavano, avevano dimostrato, più volte, la loro ferocia. In fondo bisognava “soltanto” giocare con il freno a mano tirato facilitando la vittoria avversaria. Tutto qui. E poi tutti a casa. Stanchi, malconci, vinti ma vivi.

Difficile comprendere cosa scattò nella mente dei calciatori dello Start. Di fronte avevano gli aguzzini della loro gente e delle loro famiglie. Erano affamati e umiliati quotidianamente da quegli uomini. Un’occasione così importante per imporsi sui nazisti faceva gola a quei ragazzi che rappresentarono nei novanta minuti un intero popolo. Il prezzo sarebbe stato incredibilmente elevato ma nei restanti minuti i calciatori ucraini si estraniarono dalla realtà, usando come armi i loro piedi contro il nemico. Tra l’incredulità generale e la sorpresa degli avversari, travolsero questi ultimi, ripassarono in vantaggio e fissarono, infine, il risultato sul 5-3. Prima del fischio finale il capitano dello Start Fc Klimenko  scartò come birilli tutti i giocatori dello Flakelf, compreso il portiere e a porta vuota…non insaccò, ma ritornò palla al piede nella propria metà campo “umiliando” dal punto di vista sportivo gli esterrefatti avversari.

Prevalse il loro orgoglio, la loro dignità che probabilmente aveva poco a che vedere con l’ideologia bensì con il loro sentirsi e dimostrarsi uomini. Firmarono la loro condanna, vincendo la “partita della morte”. La rappresaglia tedesca non si fece attendere.  Furiosi per l’affronto subito, gli ufficiali della Gestapo sottoposero gli ucraini a brutali torture, con l’intento di far confessare loro crimini non commessi e poi giustiziarli. Nessuno cedette, ma il formidabile attaccante Nikolai Korotkikh, non sopravvisse alle torture infertegli.

La maggior parte dei calciatori furono deportati nel campo di concentramento di Siretz, costretti a lavorare in condizioni disumane. Nel 1943, i tedeschi subirono un attacco partigiano e fu ordinata la rappresaglia nei confronti dei prigionieri del campo. Il famigerato Paul von Radomski, spietato comandante del campo di Siretz, ordinò la fucilazione di un internato ogni tre. Morirono Kuzmenko , Trusevich (il portiere della squadra) e Klimenko (il capitano della squadra che irrise i nazisti decidendo di non segnare a porta vuota). I loro corpi vennero gettati a Babi Yar, il dirupo situato nei pressi di Kiev e tristemente noto come la sede del più ampio episodio di massacro di ebrei da parte dei nazisti (oltre 33.000 in appena due giorni), oltre ad essere il luogo in cui circa 90.000 persone furono giustiziate nel corso dell’occupazione tedesca.

Sconosciuta la sorte degli altri calciatori dello Start Fc.  Le cronache narrano che solo due furono i superstiti: Mikhail Sviridoski e Makar Goncharenko, in suo onore la Dinamo Kiev ha eretto un busto con la dedica «A uno che se lo merita».

La partita della morte ha ispirato alcune pellicole cinematografiche, la  più famosa è senz'altro  "Fuga per la vittoria", con protagonisti Sylvester Stallone, Michael Caine, Pelé e Bobby Moore.

Un racconto che mette i brividi per il suo tragico epilogo, ma nello stesso tempo infervora gli animi per lo sconfinato coraggio dei protagonisti. Gli amanti del calcio (come il sottoscritto) sono soliti definire eroi i loro campioni dopo una grande partita o la vittoria di un trofeo. Ebbene la conoscenza di questa incredibile e toccante storia, difficilmente permetterà di continuare a usare il termine “eroi” con così tanta leggerezza.

Davide Scaglione
 


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