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GENOVA, 12 LUGLIO 2011 - Hanno regalato al pubblico di Palazzo Tursi un dialogo che ha racchiuso i dolori di un’Italia intera, di anni difficili. Sono Agnese Moro, figlia dello statista, e Franco Bonisoli, ex brigatista.[MORE]
L’occasione del loro primo incontro pubblico (si erano già incontrati privatamente in diverse occasioni) è stato il palco della Settimana Internazionale dei Diritti curata da Nando dalla Chiesa per il Comune di Genova e dedicata ai "Giusti"; titolo della serata di ieri: "Cercando la giustizia più in là".
L’incontro tra una donna ormai matura e uno degli uomini, allora membro della direzione strategica delle BR, cha ha rapito in via Fani il padre dopo averne sterminato la scorta.
Accadeva nel 1978. Trentatré anni dopo, due persone unite dal filo di un destino tragico si mettono a nudo su un palco. Tra il pubblico ci sono altri personaggi della guerra intestina di quegli anni: Enrico Fenzi, a sua volta ex brigatista, Manlio Milani, presidente dell'associazione delle vittime di piazza della Loggia a Brescia, insieme ai criminologi e alle persone che si occupano di quel progetto di "giustizia riparativa" a cui Bonisoli partecipa.
L’atmosfera è carica di emozioni, Bossoli si commuove quando dice di sentire il forte senso di responsabilità che parlare al pubblico di Genova rappresenta. Nel capoluogo ligure non commise mai alcun delitto ma qui le BR assassinarono tra i tanti Francesco Coco, Guido Rossa e Antonio Esposito.
Agnese Moro ha detto che è necessaria “disponibilità ed affetto” per riprendere in mano i pezzi delle vite spezzate in quegli anni violenti. Le ferite sono ancora profonde ma lei vuole essere insieme a chi ha perso qualcuno e a chi ha intrapreso un percorso per riconoscere il male che ha fatto. Prova rabbia e risentimento solo quando pensa «a quei partiti, il governo, ma anche i giornali e i salotti degli intellettuali che in nome di una presunta fermezza, rimasero a guardare un uomo, mio padre, che moriva; dicendone cose terribili, tra di loro».
La figlia dello statista si dice colpita dal dolore che prova Bonsioli per le cose successe in quegli anni. Dopo il distacco dallo lotta armata inizia per lui un periodo di grande crisi in cui riconosce la scelta «sbagliatissima» del metodo della lotta armata, mentre restano per lui validi i valori a cui si era ispirato il desiderio di cambiare il mondo. «Noi ci sentivamo, anche se nel modo sbagliato, missionari che impegnavano completamente loro stessi» ha detto «purtroppo pensavamo di risolvere, affermare il bene attraverso la violenza. Questo ci ha portato a debiti infiniti da pagare».
Claudia Di Giacomo