Entra nel nostro Canale Telegram!
Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!
MESSINA, 20 SETTEMBRE 2011 - La notizia, battuta nei giorni scorsi sulla Gazzetta del Sud, vuole la perquisizione e il prelevamento di alcuni atti negli uffici del Procuratore Generale di Messina. Notizia blanda scorredata della sostanza, come spesso accade nella nostra nazione.[MORE] La vera Notizia viene data dall’Europarlamentare IDV, Sonia Alfano che informa dell’iscrizione nel registro degli indagati di Franco Antonio Cassata per concorso esterno in associazione mafiosa. Sarà, ovviamente, un mafioso vi chiederete voi? In realtà è proprio lui il Procuratore Generale di Messina.
Un fulmine a ciel sereno si potrebbe pensare. Una notizia al fulmicotone che getta finalmente fango sulla Magistratura? Niente di tutto questo. La cruda realtà ci dice due cose. La prima è che il cono d’ombra che copre tutto il messinese, forse, sta incominciando a sollevarsi. La seconda è che il Procuratore Cassata ha una storia particolare, molto cupa.
Chi è veramente Franco Cassata? Facendo un lungo balzo nel passato, ci fermiamo la sera dell’8 gennaio 1993. Quella sera si consumò l’omicidio del giornalista Beppe Alfano a Barcellona Pozzo di Gotto (Me). La sentenza, passata in giudicato, ha condannato come mandante esecutivo dell’assassinio il boss Barcellonese, Giuseppe Gullotti. Esiste un punto d’unione tra il boss e l’attuale Procuratore. Il collegamento andrebbe ricercato in “Corda Fratres”.
Corda Fratres, in quegli anni, era un circolo paramassonico, abilmente travestito da associazione culturale, nel quale imperversano personaggi strani. Oltre ai già menzionati Cassata e Gullotti, frequentava “la Corda” tale Rosario Cattafi, già indagato dalla Procura di Caltanissetta nell’indagine sui mandanti occulti delle stragi che uccisero Borsellino e Falcone, oltre che per aver avuto stretti rapporti con uomini del calibro di Nitto Santapaola (Boss di Catania che era latitante proprio in quel di Barcellona Pozzo di Gotto, per la precisione in un appartamento a 50 metri da quello di Beppe Alfano), Angelo Epaminonda (referente milanese della mafia catanese) e Pietro Rampulla (l'uomo che ha confezionato l'ordigno che venne poi collocato nel tunnel sotto l'autostrada di Capaci).
Circa un anno dopo, precisamente nel settembre 1994, l’attuale Procuratore Cassata veniva avvistato, da due carabinieri, mentre s’incontrava con Venera Rugolo, figlia del boss Francesco Rugolo e, soprattutto, moglie di Giuseppe Gullotti. Gullotti che nel frattempo era latitante, dopo essersi sottratto a una misura cautelare emessa nel procedimento concernente l’omicidio Alfano. Cosa si dissero rimarrà un mistero. È curioso osservare che, nei giorni successivi all’avvistamento, il dottor Cassata, presso il proprio ufficio, avrebbe esercitato pressioni nei confronti di uno dei due carabinieri per far distruggere quel rapporto e per lamentarsi del comportamento dell’agente.
Un’altra azione di pressing mirato sarebbe stata compiuta dal Dottor Cassata nel 1998. Destinatario, il Dottor Daniele Cappuccio, Magistrato in servizio presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto. Lo scopo ultimo dell’intervento sarebbe stato quello di far rinviare la trattazione dell’udienza preliminare nel processo a carico di tale Giuseppe Cannata, consigliere comunale di Barcellona P. di G., e di consentire così la sua elezione a vicepresidente del Consiglio comunale.
Il 21 maggio 2002 un articolo della “Gazzetta del Sud” titolava: “Gullotti voleva la morte del Procuratore Generale Cassata”, e riportava le dichiarazioni spontanee rese il giorno prima al Tribunale di Catania da parte di Luigi Sparacio, il quale affermava che il boss Gullotti, nel lontano 1990, aveva intenzione di eliminare proprio Cassata. Le indagini e gli interrogatori proseguirono. Dopo, lo stesso Luigi Sparacio riferì che tutte le dichiarazioni spontanee, in precedenza rese, erano fasulle e precisamente mirate a destituire le fondamenta dell’impostazione accusatoria del processo a carico del magistrato Giovanni Lembo, amico del dottor Cassata e dallo stesso Cassata assistito in sede disciplinare innanzi al Consiglio Superiore della Magistratura.
Un ulteriore fatto esemplificante della situazione è il conflitto d’interessi nel quale versa lo stesso Cassata, che contemporaneamente, gestisce, a Barcellona Pozzo di Gotto, un museo etno-antropologico che riceve sostanziosi finanziamenti dalla Regione Sicilia e da enti locali, quali il Comune di Barcellona Pozzo di Gotto e la Provincia regionale di Messina, che operano, ovviamente, nel territorio del proprio ufficio giudiziario.
Questa storia fu raccontata da Antonio Di Pietro in un’interpellanza parlamentare che mirava a portare a conoscenza del Parlamento e di conseguenza per tentare di bloccare la nomina di Cassata a Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Messina.
E’ difficile tracciare un bilancio e fare delle considerazioni finali. Quello cui abbiamo assistito in questi ultimi venticinque anni di storia mafiosa, è di un livello superiore che manovra e utilizza la manovalanza criminale e violenta a proprio piacimento. La stessa mafia che possiamo paragonare a un’idra alla quale vengono mozzate teste su teste, ma che non si riesce ancora a sconfiggere.
La commistione e la zona grigia creata da Mafia e da Stato deviato han fatto si che le verità scomode rimanessero sepolte. Il silenzio mafioso da una parte ed alcuni latitanti scovati dall’altra hanno ottenuto il risultato sperato dal quarto livello di far credere che la mafia ha finalmente abbassato la testa. Così facendo anche l’opinione pubblica ha abbassato la guardia e ha nascosto nel ripostiglio l’indignazione e la voglia di legalità e verità. Fin quando il popolo italiano sarà lontano e disinteressato, la parte buona delle istituzioni sarà sola e con le armi sempre più spuntate. Tutto dipende da noi, com’è giusto che sia.
(notizia segnalata da Leandro Solimene)