L'8 Marzo della politica. Abbattere la lobby del maschilismo poltronaio
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ROMA, 8 MARZO 2014 - Non è un otto Marzo qualunque, di mimose ed auguri, per le novanta deputate italiane che ieri, con una lettera indirizzata ai leader di partito, hanno mosso un appello affinché nel testo della nuova legge elettorale venisse inserito un provvedimento volto a garantire nelle liste elettorali l’alternanza di genere.
L’appello però non sembra aver fatto breccia negli animi dei leader di partito (tutti maschi) a cui era indirizzato. Forse perché, come sottolineato dalle quattordici firmatarie della lettera in quota Forza Italia «la verità è che i maschi sono terrorizzati di perdere la poltrona».
Proprio per questa “strana verità” le parlamentari non sembrano voler fermare questa battaglia, forti anche dell’appoggio della Presidente della Camera, Laura Boldrini: «Le donne sono il 50 per cento della popolazione italiana ed è giusto che vogliano essere adeguatamente rappresentate. Lo dice anche la nostra Costituzione. Il cambiamento passa anche da questo».
Così, non c’è Berlusconi che tenga, le forziste sono decise a perpetuare questa battaglia, innanzitutto come simbolo di volontà, perché oggi in quel parlamento solo il 30% è donna. E’ una barriera che va superata: «Non importa come – dice Gabriella Giammacco di Forza Italia - Inserire nell’Italicum una norma che garantisca un’effettiva parità di genere per l’ingresso in Parlamento credo sia però necessario oggi affinché in futuro la presenza delle donne nelle istituzioni diventi un dato culturale acquisito».
E’ proprio questo fattore di “cultura acquisita” l’arma del contendere. Perché mentre da un lato le deputate che hanno firmato la lettera, richiedono che sia una norma a favorire la parità di genere in politica, non sono poche le parlamentari che dal canto loro credono che un azione di obbligo sui partiti non sia altro che una denigrazione di un processo che dovrebbe essere spontaneo e di merito.
Vedi la Santanché o la Gelmini, entrambe schieratesi apertamente contro le colleghe perché non credono nell’efficacia di questa iniziativa. «Io non voglio una legge per la parità di genere- dice la Santanchè - Io voglio un partito con un coordinatore uomo e uno donna, con un tesoriere uomo e una donna, con un responsabile candidature uomo e donna: non voglio che ci siano più donne da scegliere da parte degli uomini, vogliono che siano le donne a scegliere. Dall’alto».
«Non ci rispondano che si va avanti “per merito” e non per imposizione, perché se si fa una legge con i listini bloccati è difficile per chi è candidato dimostrare il merito», è la risposta di Stefania Prestigiacomo.
Intanto però, mentre la battaglia si muove e smuove gli animi dell’opinione pubblica, Berlusconi e Renzi tacciono.
Possiamo anche immaginare il perché. E’ strano infatti che una tale iniziativa non sia sposata dall’uomo, Renzi, che per la prima volta ha portato sui banchi del governo lo stesso numero di donne e di uomini.
Allo stesso tempo si fatica a vedere Berlusconi negare questa vittoria e questa soddisfazione a quelle donne che da sempre sono il suo scudo personale: Carfagna, Polverini, Prestigiacomo.
Sarà che forse l’unica e vera lobby da sradicare è quella del poltronaio maschilismo che usa le donne come vessillo di una pseudo svolta, che però non sarà tale fin quando l’ordinarietà di avere una parità di genere, anche e soprattutto in politica, esisterà nella mente prima che sulle carte.
Lo insegna il grande Aristofane, l’uomo che delle donne in parlamento ne fece una commedia. « Faccia il cielo che ognuno eserciti il mestiere che conosce», dice il commediografo greco. Ma se questi sono i risultati siamo proprio ancora sicuri che la politica sia un lavoro per soli uomini? [MORE]
Sergio Sulmicelli