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ROMA, 04 GIUGNO 2013- Si è svolta questa mattina un’importante riunione dell’Intergruppo Immigrazione di Camera e Senato dalla quale potrebbero emergere decisive novità in merito ad un tema fortemente caldeggiato dal ministro per l’Integrazione Cecile Kynge sin dal suo insediamento: una nuova legislazione che consenta la sostituzione delle attuali normative vincolate allo ius sanguinis, con disposizioni fondate sui principi dello ius soli. Un timido ma significativo passo in avanti che potrebbe finalmente condurre il Paese verso il progresso in materia di diritti civili: difatti ciò cui aspira è la concessione della cittadinanza sulla base del luogo di nascita e non, come accade oggi in virtù dello ius sanguinis, sulla base della discendenza.[MORE]
Si sono dunque aperti i lavori che consisteranno nell’analisi delle varie proposte avanzate dai singoli gruppi. Al momento hanno presentato una propria bozza Pd, Pdl, Sel e Scelta Civica, mentre il M5S non ha ancora sciolto il riserbo sulla propria. Si astiene invece la Lega, che sin da subito ha sferrato pesanti critiche non solo al progetto di riformare le normative relative al diritto di cittadinanza, ma allo stesso ministro Kynge, più volte bersaglio di stupide e triviali accuse.
Lo scenario appare comunque controverso, dacché dalle varie forze politiche al confronto sembrano arrivare segnali discrepanti su tempistica e modalità secondo cui concedere la cittadinanza. Quello per cui si opterà sarà quindi probabilmente una versione temperata dello ius soli: una versione che tenga comunque conto del diritto di coloro che manifestano un forte radicamento in Italia, al di là della nazionalità dei propri genitori. A protendere in questa direzione è anche il movimento L'Italia sono anch'io, che porta avanti le richieste di cittadinanza di figli di immigrati nati in Italia e che ha raccolto al momento oltre 200.000 firme.
Bisogna peraltro tener presente che attualmente l’Italia è uno dei Paesi con le regole più severe per acquisire la cittadinanza: anche chi è nato nel nostro Paese si vede negare questo primario diritto qualora i propri genitori non siano italiani; diritto che viene poi concesso dopo due anni di matrimonio o per residenza (almeno dieci anni nel caso di cittadini extracomunitari, quattro per i cittadini europei). Peggio di noi in è messa solo la Svizzera: gli evoluti elvetici concedono la naturalizzazione solo dopo dodici anni di residenza stabile sul suolo patrio.
In realtà un po’ in tutta Europa a farla da padrone è lo ius sanguinis, sebbene questo incontri talvolta forme più liberali e meno restrittive. L’eccezione è rappresentata dalla Francia, unico paese europeo ad aver adottato lo ius soli. Versione un po’ temperata ovviamente.
Emmanuela Tubelli