Intervista a Massimo Dapporto
Interviste Calabria

Intervista a Massimo Dapporto

venerdì 26 gennaio, 2018

Massimo Dapporto, attore versatile dai ruoli diversi sia nel cinema che in televisione e in teatro e figlio dell’indimenticabile attore Carlo, conversa su di sé e sulla sua attività artistica in occasione del dramma teatrale “ Un borghese piccolo piccolo” di Vincenzo Cerami di cui è stato impeccabile interprete affiancato da Susanna Marcomeni , Roberto D’Alessandro, Matteo Francomano, Federico Rubino, diretti da Fabrizio Coniglio. Lo spettacolo è andato in scena al Teatro Comunale Grandinetti di Lamezia Terme, stracolmo di spettatori, nell’ambito della stagione teatrale organizzata da Ama Calabria, diretta da Francescantonio Pollice.[MORE]

Quando ha scoperto la sua vocazione per il mondo dello spettacolo? E precisamente di diventare attore?

«Da bambino avevo già avuto dei segnali di poter fare l’attore. Infatti, già quando avevo 5 o 6 anni, ho fatto uno spettacolo con altri bambini in teatro importante a Roma tipo Sistina.
Dopo quella esperienza non ho più pensato di fare l’attore. Poi, mentre frequentavo l’Università di Scienze, ho capito che dovevo prendere una decisione e allora, siccome era stato bandito un Concorso all’Accademia Nazionale Teatrale “ Silvio D’Amico di Roma, vi ho partecipato ed ho sostenuto e superato l’esame e così sono entrato a far parte dell’Accademia . Ho studiato come attore , dopo un anno e mezzo ho cominciato a fare dei provini ed ho cominciato a lavorare»

Lei è un attore versatile cimentandosi nel cinema, in televisione , in teatro e perfino nel doppiaggio. Quale preferisce tra questi? E perché?

«Preferisco tutto il teatro perché esso è la base per essere un attore, per essere considerato vero attore, infatti se sai stare sul palcoscenico allora riesci a stare davanti ad una macchina da presa per fare cinema e televisione. Ci sono tanti che fanno esclusivamenbte cinema ma,una volta che salgono sul palcoscenico, non hanno la forza per portare avanti il personaggio per tante ore di spettacolo oppure non hanno la forza fisica di una forte comunicazione come davanti ad una macchina da presa. Perciò la prima cosa da affrontare è il teatro, poi il cinema di qualità, la televisione di qualità , il doppiaggio: questo è l’ordine per le mie preferenze»

Quanto ha influito sulla sua carriera essere figlio d’arte essendo suo padre pure un attore?

«Diciamo che inconsciamente c’è stata l’influenza di mio padre sulle mie scelte e anche sulla passione per il teatro, ma non ho mai avuto spinte, perché mio padre non sapeva raccomandare, né io mi volevo fare raccomandare così come io non ho mai raccomandato mio figlio Davide. Pertanto il nostro percorso lavorativo è stato abbastanza faticoso nel senso che io, prima di impormi, ho dovuto aspettare anni facendo la gavetta»

Fino a che punto l’introduzione delle tecnologie digitali influisce oggigiorno sul mondo dello spettacolo? Quanto esso è migliorato o peggiorato?

«La tecnologia digitale facilita molto il lavoro nel senso che ci sono tanti accorgimenti tecnici che possono correggere l’interpretazione dell’attore soprattutto per quanto riguarda il cinema e la televisione perché essi si possono utilizzare solo in cinema e televisione. Per quanto riguarda il teatro, dove c’è il pubblico, l’attore sulla scena, esso è rimasto ancora a livello artigianale anche se nel teatro c’è l’aggiunta del sonoro per il fatto che c’è un microfono attaccato alla guancia che ti permette di recitare in maniera molto naturalistica. Ed è giusto che ci sia perché , mentre parli, c’è il microfono che ti aiuta. È un accorgimento che, secondo me, va a passo con i tempi, altrimenti senza microfono non sarebbe possibile arrivare fino alla fine dello spettacolo»

Durante la sua lunga carriera ha interpretato personaggi storici e realmente esistiti tra cui il giudice Giovanni Falcone nel film -tv di RaiUno “Giovanni Falcone. L’uomo che sfidò Cosa nostra” di Andrea Frazzi e con Elena Sofia Ricci.

Ha incontrato delle difficoltà sul piano interpretativo quando si è trovato di fronte a personaggi diversi e di epoche diverse? Ha speso sempre identiche energie professionali o superiori e diverse?»

«L’ esperienza del ruolo del giudice Falcone mi ha toccato profondamente nel senso che mi sono dovuto preparare accuratamente, mi sono documentato molto, ho fatto una ricerca approfondita, grazie a diverse persone, tra cui l’onorevole Ayala, suo amico e collega, Achille Serra,prefetto di Roma in quel periodo, Maurizio Costanzo, che mi ha aiutato con documenti e filmati delle interviste fatte a Falcone. Inoltre ho dovuto fare anche una ricerca approfondita a livello familiare per capire come era Falcone sia come uomo che come magistrato. È stata un’esperienza di un paio di mesi che mi ha toccato profondamente anche perché mi sentivo onorato di interpretare Giovanni Falcone, un personaggio storico per quanto riguarda la storia politica italiana e la storia legata alla mafia. Mi sono trovato bene in questo personaggio perché finalmente ho potuto interpretare il ruolo di un uomo realmente esistito e non di fantasia come quelli che avevo fatto precedentemente»

Che cosa pensa dei giovani che frequentano il teatro e in particolare il suo?

«Intanto io consiglierei di insegnare teatro nelle scuole fin dalla prima media, poi consiglio ai ragazzi di iscriversi in scuole pubbliche e non a pagamento di cui diffido molto. Diciamo che la televisione ha creato un mondo artificiale che convince i giovani che sia facile fare l’attore. Stanno creando molti illusi. Io penso che ci siano della scuole particolari che insegnano ai giovani , scuole statali di cui una sta a Roma, seguita da Silvio D’Amico e una a Milano. Il resto è fantasia»

Ha qualche progetto recondito che vorrebbe realizzare in futuro?

«Mi vorrei tenere i sogni nel cassetto anche perché non ho sogni nel cassetto nel senso che i sogni sono cose nostre e se si dicono non si realizzano»

Foto: Massimo Dapporto


Lina Latelli Nucifero


Autore
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