Speciale InArt - Intervista a Valerio Dehò: Poesia visiva, le "altre storie"

Domenico Carelli
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Speciale InArt - Intervista a Valerio Dehò: Poesia visiva, le "altre storie"
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FANO (PU), 8 MAGGIO 2014 – Prosegue l’indagine avviata nei giorni scorsi nella galassia della Poesia visiva, neoavanguardia, movimento culturale diffuso a livello globale, “mai chiuso e definitivo”, “ancora in espansione” (V. Dehò).
L’orbita descrittiva è in parte delineata dalla mostra “BELLE PAROLE. Poesia visiva e altre storie tra arte e letteratura”, ospitata fino al 28 giugno 2014 presso la Galleria Carifano - Palazzo Corbelli, via Arco d’Augusto, 47.

                                                                  

Il curatore della retrospettiva, Valerio Dehò, svela a InfoOggi le coordinate da seguire.

La mostra “BELLE PAROLE. Poesia visiva e altre storie tra arte e letteratura” offre importanti e inediti spunti di riflessione, dal potere dell’immagine e/o della parola, alla portata sovversiva nei riguardi della cultura di massa. Quale aspetto l’ha spinta maggiormente a curare il presente progetto espositivo?
La storia, la passione per mettere in evidenza delle grandi avanguardie artistiche messe in secondo piano solo dal mercato. Tutto il Novecento è inscritto nel rapporto tra la parola e l’immagine, da Mallarmé e del suo “Coup de des” in avanti. Passando per il Futurismo, la Poesia concreta, Visiva, Cy Twombly fino ad oggi. Questa è l’eredità che portiamo ed è stata una rivoluzione silenziosa perché puntava a far prendere coscienza il pubblico di come cambiava la comunicazione. Si trattava di affinare le armi contro la pubblicità e l’uso servile al potere dei linguaggi.

L’equazione arte-vita-poesia accomuna tutte le avanguardie storiche. Nel panorama artistico contemporaneo è ancora valido il concetto di proporzionalità ad essa sotteso?
Sempre perché questa è l’arte e non ci sono altri modelli. Oggi ci sono più spinte legate al marketing e al business. Questi sono i tempi e non vale la pena scandalizzarsi, bisogna viverci accanto.[MORE]

Quale equilibrio nel rapporto tra significato e significante nel corpo della poesia visiva?
Il significante più libero possibile come catalizzatore di molteplici significati. La macchina semiotica dell’arte riduce i significanti e aumenta i significati.

Dopo la “poesia semiologica” e la “poesia musicale”, mi chiedo se la “poesia tattile” non possa riservarci in futuro delle sorprese. Quali i terreni inesplorati?
Giusto è un terreno esplorato non fino in fondo, il tatto è uno dei sensi repressi da parte della vista. Ci può sempre riservare delle sorprese.

Mai senza…
Qualcosa con cui e su cui scrivere.


«Il faut être absolument moderne»
(Cit. Arthur Rimbaud

(Foto: Courtesy Galleria Carifano, in evidenza Adriano Spatola, Xeroglifico, cm 50x70, 1975; nel testo, Enzo Minarelli, Senza titolo, tecnica mista, 1982; Giuseppe Chiari, Simphony n°9, 1980, tecnica mista su carta, cm 18x13)

Domenico Carelli

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Scritto da Domenico Carelli

Giornalista di InfoOggi

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