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InArt - Intervista a Pietro Favorito, Graphic art 2.0

FOGGIA, 2 MARZO 2014 – Focus sulla “nona arte”, meglio conosciuta come fumetto, genere ibrido per eccellenza, imparentato con la pittura e il giornalismo, la letteratura e il cinema, balzato dalle letture democratiche, popular, agli scaffali delle librerie con la “graphic novel”, circondandosi di una aura intellettuale, un po’ snob.
Da anni al centro dei dibattiti di sociologi e semiologi del calibro di Umberto Eco, talora censurato, ha gettato le fondamenta di una nuova scienza, la Fumettologia, elevandosi a vette inaudite, fino al Pulitzer (vedi “Maus” di Art Spiegelman, il primo fumetto nella storia a vincere questo prestigioso premio), senza venire meno alle sue origini, che l’hanno consegnato al mito.

                                 

È il caso di serie cult che hanno accompagnato generazioni di lettori, conquistandosi una posizione di rilievo nel mercato d’amatore: Corto Maltese, Tex, Diabolik, Dylan Dog; oppure si pensi alle ragazze del “Maestro dell’Eros” Milo Manara o alla Valentina di Crepax; o ancora ai protagonisti della tradizione manga o delle strisce di Peanuts (Snoopy & company) e di Peyo (creatore dei Puffi); agli eroi della Marvel, di Comics, alle avventure di Asterix il Gallico o a quelle di casa Disney, ambientate a Paperopoli e Topolinia, e ancora al “graphic journalism” di Persepolis (di Marjane Satrapi), la giovane iraniana alle prese con la rivoluzione islamica e il regime. Impossibile citarli tutti.

Stili differenti, ironici, anticonvenzionali; tavole dalla ricca gamma cromatica o in versione black and white; tratti dai contorni netti o sfumati, accomunati in generale dalla piattezza grafica, che ricorda un fotogramma bloccato o come ebbe a dire Fellini «l’immobilità delle farfalle trafitte da uno spillone». Una nuova natura estetica si agita tra nuvole parlanti e suggestioni underground, dettagli anatomici esasperati e architetture irreali.
Fra i nomi illustri ad intuire le potenzialità di questa forma espressiva, Roy Lichtenstein, uno dei padri della Pop Art, che ha omaggiato il disegno della strip (fumetto), proiettandolo dalla sua dimensione elementare alle tele di grande formato, affermandone il valore artistico.

                                                                                                     

Ultima arrivata nella già fitta galleria di personaggi femminili di “carta e ossa”, Veronica De Donato, alias “Lady Mafia”, killer spietata dall’anima rock, protagonista di un fumetto noir ambientato in Italia, nato dalla fantasia di Pietro Favorito, sceneggiatore e titolare della “Cuore Noir Edizioni” che lo pubblica, e dalla matita di Domenico Nagliero.
Il primo albo della miniserie, “Veronica - L'inizio”, da poco dato alle stampe è già finito nel mirino di uno “strano caso”.

L’autore ha risposto alle domande di infooggi.it

“Lady Mafia” nasce da una sua idea. Una iniziativa coraggiosa, per un casa editrice che decide di puntare sul noir di “casa” nostra. Per alcuni si tratta di “un Diabolik in gonnella!” (La Gazzetta del Mezzogiorno) o di “una Lisbeth pugliese a fumetti” (La Repubblica); altri invece la pensano diversamente. L’associazione “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” e la commissione parlamentare Antimafia l’hanno invitata a sospenderne la pubblicazione, ritenuta «diseducativa» e oltremodo «offensiva», poiché «ferisce la memoria di tante donne vittime delle mafie e dei loro familiari, impegnati a promuovere con le loro testimonianze il valore della giustizia contro la barbarie anche culturale della vendetta». Quali sono invece le linee emotive e le sfide della serie?
Non è mai stata nostra intenzione ferire la memoria delle donne vittime della mafia e dei loro familiari, né tanto meno offendere chi combatte la mafia seguendo altre modalità. Se questo fosse avvenuto, ci rammaricherebbe non poco, non essendo questo il nostro proposito. E aggiungo queste critiche mi fanno molto male, in quanto ritengo assolutamente nobili gli obiettivi per i quali si batte e i modi con i quali appunto intende perseguirli.
Lady Mafia è un fumetto noir, e il vortice di violenze che contraddistingue le sue vicende rientra nei canoni del filone narrativo a cui fa capo. Voler ridurre, però, il fumetto a questo e accusarlo di sfruttare il fascino del male per fini commerciali, vuol dire non aver letto affatto il fumetto o essersi fermati solo al titolo. Lady Mafia è molto più di questo, e di conseguenza rimandiamo le accuse e l’invito a sospenderne la pubblicazione al mittente.
Il messaggio del fumetto è un messaggio positivo, che viene gridato attraverso la rappresentazione del negativo. Abbiamo scelto di mettere in scena gli orrori della violenza per renderne palese l'assurdità, l'amoralità, col fine di prenderne distanza.
E quando parliamo di rappresentazione della violenza, non ci riferiamo solamente a quella di stampo mafioso. La nostra battaglia si traduce in denuncia contro la violenza - tutta - da quella esercitata sulle donne, a quella praticata sugli animali, o ancora a quella rivolta a chi è diverso. Se così non fosse, e avessero invece ragione i nostri detrattori, non avrebbe, allora, senso l'ampio spazio lasciato a tematiche scottanti e attualissime, quali il femminicidio, l’omofobia, la vivisezione, il razzismo, sia all'interno delle trame del fumetto sia nella rubrica Lady Mafia Extra. A dare voce a personaggi fittizi nel fumetto sono professionisti (psicologi, avvocati, ecc.), che danno consigli e tracciano identikit per riconoscere predisposizioni e comportamenti violenti. Pur non avendo la presunzione di essere un fumetto “educativo” (ma lo sono forse gli altri?!), cerchiamo in tutta coscienza di essere un fumetto al meno “informativo”, proponendo al lettore temi e spunti su cui poter riflettere.
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Infine, gli equivoci nel mondo della parola, come in quello reale sono infiniti. Il drammaturgo Bertold Brecht ne è esempio eclatante. Il capolavoro “Mutter Courage e i suoi figli”, scritto a ridosso dello scoppio della seconda guerra mondiale, è denuncia degli orrori delle guerre e delle tragedie che esse producono. Brecht plasmò la sua antieroina, e sottolineiamo antieroina, in modo tale che lo spettatore a fine rappresentazione ne fosse ripugnato. Sì, perché “Mutter Courage” è parte, seppur marginale, del macrocosmo "guerra"; e sebbene vedrà morire i suoi figli, con il suo carretto continuerà ad alimentare la macchina della guerra. Come poter avere simpatia per lei? Ebbene, il pubblico non soltanto ne ebbe compassione, ma la amò.

Oltre a curare l’operazione editoriale, ne è anche lo sceneggiatore, mentre le tavole sono affidate al talento di Domenico Nagliero. Roland Barthes in “L’empire des signes” scriveva che «Il testo non “commenta” le immagini. Le immagini non “illustrano” il testo: ognuna è stata per me soltanto l’inizio di un vacillamento visivo, analogo probabilmente alla perdita dei sensi che lo Zen chiama un sartori…». Come affronta il rapporto tra testo e immagine e a quale lessico creativo o gioco linguistico ricorre con maggior frequenza?
C’è chi esalta il nostro lavoro. Chi trova la storia appassionante. Chi trova il nostro modo di raccontarla originale. Chi ha apprezza i disegni di Domenico Nagliero. E chi ci definisce un fumetto “atipico”. Ed è effettivamente questo che volevo proporre: non il solito fumetto. Ho infatti voluto sperimentare un nuovo modo di fare fumetti, imponendo uno stile al disegnatore, Domenico Nagliero, che potesse esporlo anche a delle critiche, soprattutto da parte dei “guru” del fumetto, ma ho voluto rischiare. Il risultato è che i tanti lettori che si sono affezionati alle vicende di Veronica De Donato lo hanno fatto per motivi diversi da quelli che solitamente gli appassionati di fumetti sono soliti valutare. Insomma, concludendo, a tanti Lady Mafia piace. E ad altrettanti non piace, e questi ci attaccano duramente. Noi rispettiamo l’opinione di tutti. E solo il tempo potrà dire se la mia “idea” di fumetto è del tutto strampalata.

La canzone che ascolterebbe Veronica De Donato alla fine di questa breve intervista?
Senza dubbio “La mia identità”. Il singolo dei Nahima scelto come colonna sonora del fumetto noir Lady Mafia.

Mai senza…
… un sogno da realizzare!   
 
                                                           «C’è qualcosa di molto rozzo che appiattisce
                                                                            tutto nella società di oggi
».
                                                                             (Cit. di Roy Lichtenstein)

 

(Foto: Courtesy Pietro Favorito “Lady Mafia”, in evidenza; cover di “Diabolik”, “Peanuts”, "Corto Maltese" e “Persepolis”; “Masterpiece” e "Blam" di Roy Lichtenstein, 1962)

Domenico Carelli