Illustrata la tomba di San Sidero presso il Museo Archeologico Lametino
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LAMEZIA TERME (CZ) 15 APRILE - Presentata la tomba ritrovata a San Sidero nel corso di un incontro svoltosi al Museo Archeologico di Lamezia Terme e moderato dalla giornalista Teresa Benincasa alla presenza di un numeroso e qualificato pubblico. Ad introdurre i lavori l’ingegnere Rocco Purri che ha illustrato il progetto del recupero e della ricostruzione della tomba del IV secolo avanti Cristo. La scoperta è avvenuta per caso: nel 2010, in una trincea della Snam , durante i lavori per il metanodotto in località San Sidero, a cinque chilometri dall’abitato di Sant’Eufemia Vetere,venivano alla luce i resti di una necropoli riconducibile all’antico sito di Terina. Durante gli scavi effettuati, sotto la guida del Direttore del Museo Archeologico Lametino Roberto Spadea, da Giovanna Verbicaro e Lucia Bianchi fu rinvenuta una serie di sepolture di diversa fattura. Due di queste, ritrovate a una profondità di circa due metri, erano di notevoli dimensioni: una, in pietra di Lipari, era in buono stato di conservazione e fu trasportata subito nel Museo Archeologico di Lamezia Terme, dove è tuttora esposta nella sala dedicata alla Magna Grecia; l’altra, a cassa in laterizio, si presentava piuttosto frammentata e necessitava perciò di un consistente lavoro di ricostruzione portato a termine in seguito grazie alla collaborazione tra l’Amministrazione Comunale, la Soprintendenza , l’Ipsia di Lamezia Terme e la stessa Associazione che idearono un progetto di archeologia sperimentale avallato da un protocollo d’intesa. A tal fine fu allestito un laboratorio all’interno del Museo nel quale fu coinvolto, per due anni, un gruppo di studenti dell’Ipsia impegnato nella valorizzazione artistica del territorio lametino e sostentuto dalla dirigente dell’Ipsia Patrizia Costanzo.
In tutto, durante gli scavi, furono rinvenuti 1200 reperti identificabili in tegole pentagonali di tipo corinzio e in lastre , anch’esse di tipo corinzio, della misura di cm 92 x 61 circa e di coppi, anche questi di notevoli dimensioni e con un raggio di curvatura pari a 41, 5 cm. Dopo il riconoscimento dei frammenti , la pulitura e l’assemblaggio, si è proceduto alla ricostruzione della tomba , che presentava diverse problematiche. Tra le varie soluzioni possibili, anche con l’aiuto di una restituzione grafica tridimensionale, si è scelta quella di una struttura rettangolare, piuttosto imponente, con copertura a falde. Durante il processo di ricostruzione si è potuto osservare che gli elementi componenti il manufatto sono stati realizzati con la tecnica a pasta, l’unica disponibile nel IV e III secolo avanti Cristo tuttavia non è stato possibile localizzare con certezza il sito di produzione del manufatto. Due sono le ipotesi possibili: i laterizi potrebbero essere frutto della spoliazione di un edificio, oppure essere stati realizzati da un artigiano del posto; ma allo stato attuale non sono stati rinvenuti, nel territorio lametino, forni adatti. Poco credibile appare anche l’ipotesi di un trasporto dalla costa ionica, attraverso l’Istmo. Il ritrovamento delle tombe ci dà la certezza sull’ubicazione dell’antica Terina, colonia crotoniate che già Lenormant, citando Licofrone, indicava nel territorio del fiume Bagni e che era stata localizzata con le diverse campagne di scavi.
«Questa necropoli - ha affermato Roberto Spadea - si trova a sette chilometri circa dal sito di Iardini di Renda e rappresentava, probabilmente, il limite orientale della città; è perciò una testimonianza della vastità del suo territorio, mentre la qualità e la varietà delle sepolture ci indicano il grado di civiltà e di agiatezza raggiunto dai suoi abitanti, gli scambi continui con la madrepatria e le realtà confinanti». Sia Gregorio Aversa, direttore del Museo Archeologico di Crotone , che Fabrizio Mollo, professore di archeologia all’Università di Messina, hanno confermato che il contesto culturale crotoniate e pitagorico appare, dopo gli ultimi ritrovamenti, piuttosto esteso; a Crotone, in località Carrara, è stata ritrovata la stessa tipologia di sepolture; una necropoli recante le stesse caratteristiche, di tombe con copertura a falde, è stata ritrovata in località Pian delle Tirene, tra Campora San Giovanni e Nocera Terinese, collegata probabilmente all’antica Temesa, altra polis magnogreca. Negli scavi di San Sidero sono state rinvenute anche altre sepolture: delle tombe dette a “ustrina”, che prevedevano la cremazione del defunto, i cui resti combusti venivano posti in un’urna cineraria. Il ritrovamento rappresenta un’assoluta novità e può essere attribuito alla presenza brettia in area terinea. Sappiamo infatti che i Brettii presero Terina e Hipponion nella seconda metà del IV secolo; la loro presenza è testimoniata anche a Tiriolo, caposaldo di primaria importanza. L’elemento brettio , descritto solitamente dalle fonti come rude e brutale, in questo caso, a quanto pare, si integrò perfettamente con l’elemento greco italiota, assimilandone lingua, costume e cultura.
Lina Latelli Nucifero