Il Washington Post, "Futuro Italia minacciato da nepotismo". La scoperta dell'acqua calda
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MILANO, 02 LUGLIO 2012- In un articolo pubblicato questa mattina da Adnkronos, che riporta l'analisi di Steven Pearlstein apparsa sul 'Washington Post', si legge che, "A limitare la crescita economica dell'Italia è il nepotismo che porta ad una gestione mediocre e impedisce ai migliori talenti di crescere. Le aziende italiane che sono riuscite ad avere successo sono troppo poche e la loro crescita è spesso frenata dalla cultura imprenditoriale prevalente".
L'articolo del Washington Post prosegue sottolineando che, "Se Monti vorrà riuscire nei suoi sforzi di riforme in Italia avrà bisogno di riportare l'attenzione pubblica e politica su quelle imprese italiane competitive a livello globale, celebrando i loro trionfi, canalizzando capitali e talenti e costruendo una cornice di politica economica intorno a loro. Soprattutto Monti ha bisogno di arruolare questi imprenditori come sostenitori del suo piano di riforme e come membri fondatori di una nuova struttura politica ed economica''.
Inoltre, aggiunge il Washington Post, "Senza una rivoluzione culturale e politica, è difficile vedere come questo amabile e affascinante bastione della vecchia Europa possa uscire dalla crisi dell'euro e costruire un futuro economico. In Europa, è in corso un'epidemia simultanea di crisi diverse in Paesi diversi. In Italia, la crisi in atto è una crisi della produttività che è andata avanti così a lungo e così in profondità che rappresenta una vera e propria sfida al tessuto del benessere italiano". [MORE]
L'articolo sottolinea che, "E' questa crisi di produttività, non la crisi dell'euro, che Monti è stato chiamato a risolvere alla fine dell'anno scorso, quando la classe politica italiana, in un raro momento di unità e di riconoscimento della sua disfunzione, ha spodestato il primo ministro Silvio Berlusconi e installato un tecnico per fare finalmente qualcosa. Dopo le prime misure coraggiose prese dal premier Mario Monti, dalle liberalizzazioni alla riforma del lavoro, ha dovuto fare compromessi".
Tuttavia, evidenzia il Washington Post, anche come mezze misure, "le sue iniziative sono riforme significative in un Paese che ha resistito per tanto tempo. A limitare la crescita economica dell'Italia è il nepotismo che porta ad una gestione mediocre e impedisce ai migliori talenti di crescere. In Italia il nepotismo non è affatto limitato alle imprese familiari. E' nell'ordine naturale delle cose. Le raccomandazioni restano il modo più sicuro per ottenere un lavoro. Le aziende italiane che sono riuscite ad avere successo sono troppo poche e la loro crescita è spesso frenata dalla cultura imprenditoriale prevalente".
Con tutto il rispetto per l'autorevole quotidiano statunitense, leggere quest'ultimo passaggio in cui si sottolinea che le raccomandazioni, segnalazioni e quant'altro, sono all'ordine del giorno (ahimé!) e che il futuro del nostro Paese è minacciato da nepotismo, mi sembra un po' come leggere della scoperta dell'acqua calda. Siamo ben consapevoli che, troppo spesso, le cose funzionano così, basti pensare alla fuga dei cervelli all'estero. Non è una minaccia futura, ma un problema che ci accompagna da anni e che condiziona e frena lo sviluppo e la crescita dell'Italia. Come evidenziava, qualche mese fa, un'indagine svolta da Excelsior 2011 di Unioncamere e Ministero del Lavoro, la selezione del personale avviene per “conoscenza diretta in primo luogo e segnalazioni personali”, attraverso conoscenti o fornitori. Nello specifico, l’impiego del “canale informale” sembra si sia rafforzato, passando dal 49,7% del 2009 al 61,1%. Inoltre, la situazione assume dimenzioni preoccupanti soprattutto nel mezzogiorno dove la percentuale sfiora il 70%.
Concordo sul fatto che il nostro paese avrebbe bisogno di una rivoluzione per spezzare questo triste retaggio politico-culturale che affligge il nostro Paese, perchè, come disse una volta Mario Monicelli, "Quello che in Italia non c'è mai stato, una bella botta, una bella rivoluzione. Rivoluzione che non c'è mai stata in Italia. C'è stata in Inghilterra, c'è stata in Francia, c'è stata in Russia, c'è stata in Germania, dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualcosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto, trecento anni che è schiavo di tutti".
(Fonte: Adnkronos)
Rosy Merola