Il riconoscimento di debito non esige forme particolari
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Il riconoscimento di debito non esige forme particolari

lunedì 30 aprile, 2018

REGGIO CALABRIA, 30 APRILE - Il riconoscimento di un debito non esige formule particolari, non ha natura negoziale né carattere recettizio e non deve necessariamente essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva. Ciò che occorre è che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 9097/2018, depositata il 12 aprile. [MORE]

Il caso. Un ex amministratore, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di competente, il Condominio, esponendo di esserne stato amministratore dello stesso fino al 03.08.2006, di avere l’assemblea approvato il consuntivo della gestione ordinaria 2006 ed il relativo riparto e di avere anticipato delle somme in favore del convenuto. L’attore poneva a fondamento delle sue richieste la produzione di un documento con il quale l’amministratore entrante aveva riconosciuto, sottoscrivendo il relativo conteggio che gli veniva presentato, il debito che ancora reclamava verso il Condominio il suo predecessore. Altresì, l’ex amministratore precisava che il Condominio aveva pagato alcuni acconti relativi all’importo dovuto ammettendo, pertanto, ulteriormente di ritenersi in debito. Il convenuto non si costituiva in giudizio con conseguente declaratoria di contumacia. Il Tribunale, con sentenza, accoglieva la domanda attorea e condannava il Condominio convenuto al pagamento della somma dovuta, oltre ad interessi.

Avverso tale sentenza, interponeva appello il Condominio, chiedendone la riforma per più motivi. La Corte di Appello territoriale, con sentenza, non notificata, rigettava l’appello e, confermando la sentenza di primo grado, condannava il Condominio a rimborsare alla parte appellata le spese del giudizio. Secondo la Corte distrettuale, l’appello era infondato relativamente all’eccepito difetto di legittimazione passiva dell’amministratore del Condominio, posto che l’amministratore, cessato dalla carica, poteva agire per recuperare le somme anticipate nei confronti del Condominio in persona del nuovo amministratore. L’appello era infondato, anche nel merito, perché in forza del riconoscimento del debito da parte del Condominio (sia per il tramite del documento contabile dal quale emergeva il credito dell’Amministratore cessato dall’incarico, sia dal fatto che il documento contabile era stato sottoscritto dal nuovo Amministratore, e sia, ancora, per il fatto che il Condominio successivamente al documento contabile aveva provveduto a corrispondere parte della somma dovuta), incombeva al Condominio dimostrare l’inesistenza del debito.

Avverso tale sentenza, il Condominio soccombente proponeva ricorso per Cassazione con un unico motivo. Il Condominio lamentava che il Tribunale prima e la Corte distrettuale dopo, non avrebbero tenuto conto che l’amministratore, cessato dalla sua funzione, non aveva fornito alcuna documentazione delle spese che assumeva aver corrisposto e, soprattutto, né la prova di aver eseguito le assunte anticipazioni con denaro proprio. Mancava agli atti di causa un qualsiasi documento giustificativo ed un elenco analitico, non solo delle entrate delle spese condominiali ed il saldo finale, ma, soprattutto, degli esborsi personali che si assumevano eseguiti da parte dell’ex amministratore per conto del Condominio. Né sarebbe stato convincente, sempre secondo il ricorrente, la tesi secondo la quale il documento contabile sottoscritto anche dal nuovo amministratore avrebbe integrato gli estremi di una ricognizione di debito da parte del Condominio perché, comunque, non sarebbe stato provato il credito vantato oggetto del giudizio. Altresì, sempre secondo il ricorrente, sarebbe stato privo di pregio e di fondamento anche l’assunto della Corte di Appello di una ratifica dell’operato dell’amministratore ed un riconoscimento di debito, il fatto che il Condomino avesse corrisposto all’ex amministratore, una parte delle somme pretese proprio perché il riconoscimento di un debito da parte del Condominio imponeva un atto di volizione dell’assemblea condominiale, che, nel caso, non sarebbe sussistito. In altri termini, andrebbe negata efficacia vincolante nei confronti del Condominio della sottoscrizione, da parte del nuovo amministratore, del documento contabile in difetto di preventiva delibera dell’assemblea, e ai versamenti dallo stesso effettuati senza autorizzazione da parte dell’assemblea. Gli Ermellini ritenevano il motivo infondato e osservavano anzitutto di ritenere corretta la decisone dei giudici di merito: i quali avevano ritenuto fondata la domanda in quanto l’attore aveva prodotto un documento, sottoscritto dal nuovo amministratore, titolato «situazione contabile al 3 agosto 2006» ove era indicata, tra le altre cose, anche la somma ancora dovuta al vecchio amministratore. Inoltre, successivamente, nel corso del giudizio si dava atto senza che vi fossero opposizioni sul punto, di ulteriori acconti versati in seguito alla sottoscrizione del predetto documento. Ma ancora. Secondo la Suprema Corte, “si deve considerare che il riconoscimento di un debito non esige formule speciali e può essere contenuto in una dichiarazione di volontà diretta consapevolmente all’intento pratico di riconoscere l’esistenza di un diritto, ma, può risultare, implicitamente, anche da un atto compiuto dal debitore per una finalità diversa e senza la consapevolezza dell’effetto ricognitivo. L’atto di riconoscimento, infatti, non ha natura negoziale, né carattere recettizio e non deve necessariamente essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva. Ciò che occorre è che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà”. Non vi era dubbio che i dati accertati dalla Corte distrettuale integravano gli estremi di un riconoscimento di debito. La Corte distrettuale, aveva ulteriormente aggiunto: a) che il versamento delle somma di cui si dice era imputabile a tutti i condomini poiché in difetto di una diversa allegazione i suddetti pagamenti andavano imputati ad essi secondo le rispettive quote millesimali; b) che il comportamento dei condomini andava, altresì, qualificato quale ratifica dell’operato del nuovo amministratore, non potendo ad esso essere attribuito altro significato, se non quello di dar corso al riconoscimento del debito da questi sottoscritto e, quindi, di adesione ad esso. E, significativamente, la Corte aveva concluso, come era giusto che fosse, che in forza del riconoscimento incombeva sul Condominio dimostrare l’inesistenza del debito e tale prova, non solo non era stata fornita, ma, sarebbe stata del tutto in contrasto con il suo adempimento, seppure parziale. Inoltre, “il riconoscimento del quale si discute costituisce un atto giuridico in senso stretto, la cui identificazione, non implica l’applicazione di specifiche norme di diritto, ma, più semplicemente, la ricostruzione di un accadimento, di un fatto umano, la quale deve essere solamente motivata in modo congruo e corretto e, se priva, come nel caso in esame, da vizi logici non è suscettibile di sindacato nel giudizio di cassazione”.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava il ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del giudizio di legittimità.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express


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