Il regista internazionale Peter Greenaway chiude i battenti del Lamezia Film Fest5
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LAMEZIA TERME (CZ) 19 NOVEMBRE - «Sono passati 123 anni dal cinema muto dei fratellli Lumière , nessuno lo guarda più. Questo accadrà al resto del cinema. Il cinema è morto. Lunga vita al cinema che deve diventare arte interattiva e multimediale» . Lo ha affermato il grande regista internazionale sceneggiatore, pittore e scrittore Peter Greenaway che ha chiuso la quinta edizione del Lamezia Film Fest, organizzato dall’associazione Strade perdute, diretta da GianLorenzo Franzì. Peter Greenaway, che ha partecipato alla manifestazione nella sezione Esordi d’Autore con uno dei suoi capolavori “ I misteri dei giardini di Compton House”, è stato insignito del Premio Ligeia, consegnatogli dal direttore artistico del LFF5 GianLorenzo Franzì e realizzato dall’artista lametino Antonio Pujia Veneziano. Greenaway, autore di 60 film, tra cui Lo zoo di Venere, Il ventre dell’architetto, Giochi d’acqua, Il cuoco, il ladro su moglie e l’amante, durante la kermesse ha sostenuto che il cinema non è quello di un tempo. « Il cinema è passato al piccolo schermo dello smartphone. Una volta uscivamo in gruppo per andare a vedere i film su uno schermo gigante, ora le cose sono diverse, la maggior parte dei film vengono visti in televisione e la cosa peggiore è che spesso non si è in compagnia ma soli. I luoghi del cinema sono quelli privati o addirittura in ufficio». Considerato uno dei più significativi cineasti britannici contemporanei, Greenaway oggi è al centro del dibattito mondiale per la sua arte sperimentale cinematografica in cui si intrecciano composizione scenica , illuminazione espressiva, contrasti tra costume e nudità, architettura, pittura, design, piacere sessuale e morte dolorosa. Tale rivoluzionaria innovazione trae origine dal fatto che l’obiettivo del regista non è quello di impressionare o emozionare lo spettatore con l’intreccio narrativo o con la spettacolarità ma è quello di privilegiare l’impatto visivo.
Da qui l’esigenza di « immergere lo spettatore dentro un universo simbolico di forme e sommergerlo con una serie infinita di dettagli e indizi, disseminate lungo tutte le inquadrature dei film in modo che da ogni particolare sia possibile cogliere nuove aperture e suggestioni» ha spiegato il regista annunciando anche che per il prossimo anno girerà nella città di Matera il film “ Il matrimonio di Cristo” previa contattazione con un interlocutore italiano. Poi ha illustrato gli effetti straordinari del nuovo modo di fare cinema ai numerosi spettatori, riuniti nella sala 2, piuttosto piccola, del Chiostro San Domenico di Lamezia Terme, dove si è svolta la manifestazione cinematografica internazionale, attraverso la proiezione di video e brevi sequenze dei suoi film parlando in lingua inglese ma, purtroppo, tacendo la voce dell’interprete, pur essendo presente in sala, la lectio magistralis non è andata a buon segno, perché recepita soltanto da chi conosceva bene la lingua straniera. In verità forse solo da alcuni convenuti. Alcune proiezioni riguardavano il pianeta colpito tra 1945 al 1996 da 2201 bombe, altre la pittura barocca capace di rielaborare in una maniera eccessiva i risultati delle epoche precedenti. Nel corso della serata è stato consegnato il Premio Ligeia per la sezione Esordi d’Autore all’attrice Alice Pagani che, dopo aver esordito con classe Z, è stata la musa dell’ultimo capolavoro “Loro” di Paolo Sorrentino e a Laura Adriani, che è stata protagonista di numerose fiction di qualità ed ha affiancato la Golino in “Il Colore nascosto delle cose” di Soldini, presentato alla Mostra di Venezia. A seguire, alla presenza dei figli di Paolo Villaggio, Elisabetta e Piero, è stato conferito il primo Premio Paolo Villaggio all’attore comico abruzzese Maccio Capatonda per la sua attitudine attoriale evidenziata soprattutto con “ Italiano medio” e ad Alessandro Aronadio per il miglior film “ Io c’è”.
Foto: Peter Greenaway - Laura Adriani e Franzì - Alice Pagani e Franzì - Capatonda con il premio - Aronadio
Lina Latelli Nucifero