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Il perdono non è da considerare, come una certa tendenza attuale vorrebbe, un fatto etico o filosofico. Non è una regola fine a sé stessa; né una conseguenza comportamentale in rapporto ad un moralismo di maniera che di solito lascia il tempo che trova. Finita infatti la sua stagione, di pensiero in voga, esaurisce o rallenta il valore stesso di un atto che al contrario rappresenta un pilastro fondamentale della misericordia. Diverse letture dei testi sacri consentono ad ognuno di riflettere su questa condizione particolare dell’animo. Perdonare è infatti trovarsi di fronte ad una condotta interiore profonda che salva sé stessi, ma nel contempo dona all’altro una via di riparo da ogni eventuale malinteso verso il prossimo.[MORE]
Papa Francesco in poche parole svela la qualità soprannaturale del perdono e la sua dovuta applicabilità terrena, indicando la strada migliore per incamminarsi in direzione di un traguardo protetto: “Nessuno di noi, nella sua vita, non ha avuto bisogno del perdono di Dio. E perché noi siamo stati perdonati, dobbiamo perdonare”. Non si tratta di una scelta, ma di una conseguenza naturale del nostro modo di essere, in quanto amati e “condonati” dal Signore. Essere perdonati da Dio significa essere ricreati a nuova vita. Lo stesso re Davide peccatore di adulterio e omicidio, “assolto” dal Signore, si incammina per una nuova strada, altrimenti impossibile. Anche lui ora saprà perdonare chi lo insulterà ferocemente.
Il perdono divino mette l’uomo in condizione di riprendere un cammino purificato da ogni colpa, rendendolo capace di perdonare a sua volta “settanta volte sette” il suo offensore e contribuendo così all’edificazione di quel “tempo nuovo” avviato dalla venuta e dall’insegnamento di Cristo Gesù. Dio espia le nostre colpe con il perdono evitandoci una condanna eterna. Sulla croce con Lui si compie il miracolo dei miracoli. Talmente è l’amore per l’uomo da prendersi su di sé i peccati del mondo. Atto pesante fino all’inverosimile, ma necessario per la creazione di una umanità redenta. Ecco dunque cosa è il perdono di Dio: “È un perdono che crea; un perdono che espia; un perdono che eleva. Col battesimo Dio ci assume; ci rende suoi figli; ci rende partecipi della sua natura divina. Ci fa parte di sé, ci perdona!”.
Ci troviamo dinnanzi ad una universale questione di fede e non quindi di ragione, altrimenti diventerebbe difficile comprendere l’essenza stessa del perdono. Potremmo dire più in specifico che si tratti di “una questione di accoglienza di una volontà divina nella quale è tutta la nostra vita”. La ragione invece trova sempre una scappatoia, nobile o meno, per giustificare e portare a termine un’azione di rappresaglia personale o di gruppo. Il cristiano ha un pensiero che non dovrebbe fermarsi all’antropologia terrena, ma congiungersi con la verità universale che tutto precede e che trova stabile continuità nella Parola. Urge una inversione di rotta, sapendo che il perdono, elevato a questione di fede, è capace di liberare, ricreare e salvare ogni uomo.
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