Il duplice omicidio di via Muratori: ergastolo per il killer
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MILANO, 21 NOVEMBRE 2014 - È stato condannato all'ergastolo Mario Mafodda, uno dei due esecutori materiali del duplice omicidio avvenuto il 10 settembre 2012 in via Muratori a Milano, in zona Porta Romana, quando vennero uccisi a colpi di pistola Massimiliano Spelta, 43 anni, e la sua compagna Carolina Ortiz Paiano, 21enne.
Un delitto che, all'epoca dei fatti, destò, nelle prime ore, parecchio scalpore poiché la donna aveva in braccio la figlia di due anni rimasta fortunatamente illesa. Con la sentenza di oggi, il gup di Milano, Luigi Gargiulo, ha accolto la richiesta avanzata dal pm di una condanna all'ergastolo per l'uomo, il quale è stato processato con rito abbreviato.
Il gup ha anche riconosciuto una provvisionale da circa 360mila euro a favore della figlia delle vittime, che ora ha quattro anni, parte civile insieme alla madre e alla sorella di Spelta, anche loro destinatarie di
risarcimenti.
Come accennato, a commettere il duplice omicidio non fu soltanto Mafodda, ma con lui Carmine Alvaro e Achene Bonacci, che avrebbe partecipato alla progettazione del delitto. Quest'ultimi due erano già stati rinviati a giudizio e stanno affrontando il processo in Corte d'Assise a Milano.
Entrambi sono accusati di duplice omicidio volontario, così come Mafodda. I tre uomini avrebbero pianificato di uccidere Spelta e della compagna per evitare di pagare un debito di 40mila euro dovuto per una partita da un chilo e mezzo di cocaina che la coppia aveva venduto loro. A sparare sarebbero stati Alvaro e Mafodda, i quali hanno sorpreso la coppia per strada, esplodendo 8 colpi di pistola da distanza ravvicinata per poi darsi alla fuga a bordo di uno scooter.[MORE]
Dopo la condanna di oggi il gup depositerà le motivazioni della sentenza entro i prossimi 60 giorni. «Faremo ricorso in appello - ha afferamto il legale difensore di Mafodda, Mauro Gradi - perché si tratta di una sentenza ingiusta. «Il giudice - ha aggiunto l'avvocato Gradi - non ha tenuto conto della tempestività e della decisività della confessione del mio assistito».
(Immagine da bolognatg24.it)
Giovanni Maria Elia