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Roma, 16 maggio 2011- Giunti allo scrutinio di circa il venti per cento delle schede elettorali (con un margine di errore statistico ridotto al 2,5%), si possono fissare alcune riflessioni attorno al significato delle elezioni amministrative. La sfida più importante, quella di Milano, ribalta i pronostici della vigilia e non solo decreta il passaggio al ballottaggio del candidato del centrosinistra (circostanza che già scalfisce i guanti di Berlusconi), ma addirittura lascia intravedere un superamento di Pisapia rispetto alla Moratti[MORE]. A questo punto dello spoglio, il leader di Sel si attesta al 46,5% contro il 42,5% della Moratti. La buona tenuta del tasso di partecipazione elettorale (+0,5% rispetto al 2006) sembra non avere premiato con un extra profitto di voti Berlusconi che aveva chiamato al voto i cittadini tendenti all’astensione. L’individuazione di un candidato come Pisapia che pesca nell’elettorato d’opinione e nel voto di protesta sembra essere favorevole in una competizione con caratteri aspri ed ad alto tasso di politicizzazione.
Dal dato di Napoli, in cui il candidato del Pd, il prefetto Morcone, si fermerebbe al 18,3% emerge la realtà di una frammentazione politica del voto che penalizza la classe dirigente amministrativa uscente, con Luigi De Magistris in evidente crescita che,sfrutta l'autorevolezza del proprio profilo politico. Rispetto al rischio di registrare un voto degli italiani sfavorevole al funzionamento maggioritario del sistema politico, va detto che la battuta d’arresto che sembrano registrare l’Udc e Fli conforta circa il desiderio degli italiani di continuare ad indicare soluzioni di governo di legislatura con la preferenza per personaggi politici con un linguaggio semplificante, deciso e diretto. La legittimazione via primarie (primarie effettive e non solo formali) sperimentata per Pisapia dimostra ancora una volta che la democrazia dell’alternanza non è arrivata al capolinea.