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ISEO, 27 LUGLIO 2011 - E' ancora una volta insanguinata la terra Afghana, e ancora una volta lo è del sangue di un militare italiano, che muore in un lontano e quasi sconosciuto paese in nome della democrazia e della libertà, che in pochi, in quella terra, considerano un bene insopprimibile e fondamentale. Questa volta è toccato al caporalmaggiore dei parà della Folgore, David Tobini, 28 anni. Il nostro militare è stato colpito dai talebani durante uno scontro a fuoco nel villaggio di Khame Mullawi. Con lui sono stati feriti altri due militari italiani.[MORE]
Il dolore ed il cordoglio del paese sono certi, diffusi e sentiti. Ma al di là di questo è giunto il momento di alcune riflessioni. Non si tratta di aprire polemiche sterili, e di certo inopportune di fronte alla morte di un giovane. Neanche si tratta di abbandonare vigliaccamente gli alleati. E' semplicemente ora di porre un problema, di aprire un dibattito franco nella coalizione. Si tratta di riconoscere che, dopo tanti anni di guerra in Afghanistan, perché di questo purtroppo si tratta, senza risolvere nulla, è giunto il momento di fissare una data certa per abbandonare quel paese. Non è oltraggioso farlo, e nemmeno è offensivo.
Si tratta di prendere atto di una situazione o semplicemente della realtà dei fatti, o dell'impossibilità di giungere ad una soluzione. Chi è morto per un ideale o per servire il suo paese, resta comunque un eroe. Ma l'Italia non ha bisogno di eroi morti. Si decida perciò , e si faccia in fretta, il rientro del nostro contingente, si fissi una data. E non lo si faccia solo per la crisi o per tagliare dei costi nel bilancio. Lo si faccia perché non possiamo perdere altre vite umane o perché non vogliono spargere altro sangue. Non lo si faccia solo a parole, votando poi per il rifinanziamento della missione. La strumentalizzazione politica , questa sì, è davvero offensiva dei tanti caduti.
Ivan Zatti