Intercettazioni, in Parlamento se ne parla da vent'anni tra polemiche e 'leggi bavaglio'
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ROMA, 28 LUGLIO 2015 - L'ultimo a intervenire nel dibattito parlamentare sulle intercettazioni è stato il presidente del Senato Pietro Grasso. E sono bastate poche frasi per capire quale sia l'opnione della seconda carica dello Stato: “Le intercettazioni sono un mezzo di indagine irrinunciabile e indispensabile per le indagini su reati molto gravi, come le estorsioni, la corruzione, lo stalking che non va in alcun modo limitato" sostiene l'ex magistrato antimafia. E' da venti anni che il Parlamento si parla di intercettazioni, leggi più o meno 'bavaglio' che hanno cercato, inutilmente, di riscrivere le regole sulle intercettazioni fra privati.
Il tentativo più recente è quello del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il disegno di legge sulla giustizia penale contiene, infatti, la delega per il governo nella controversa materia delle intercettazioni. A irroventire il dibattito parlamentare degli ultimi giorni è stato in particolare l'emendamento presentato da Alessandro Pagana, di Area popolare che prevede una stretta sulle intercettazioni "carpite in modo fraudolento" con registrazioni o riprese" con il rischio di carcere fino a 4 anni. La norma non dovrebbe mettere in pericolo inchieste e denunce giornalistiche (nella delega al governo, infatti, non c'è alcuna previsione di pene carcerarie specificamente a carico dei giornalisti) ma ha sollevato ugualmente le proteste delle opposizioni. [MORE]
Tempi contingentati. Tanto da costringere il Pd a chiedere il contingentamento dei tempi nella discussione sul disegno di legge per la riforma del processo penale, a causa dell'ostruzionismo del Movimento 5 Stelle sulla norma chiamata 'blocca iene' dal governo e 'legge bavaglio' dalle opposizioni. Il ministro Orlando spera nel voto prima delle vacanze, ma il margine è stretto.
La norma blocca iene. Per evitare incidenti parlamentari ha corretto la norma blocca iene sulle registrazioni fraudolente e ha introdotto un'esplicita clausola di salvaguardia per i giornalisti. Ma resta una pena importante, fino a quattro anni, per chi registra “fraudolentemente” una conversazione privata e la usa. Ma secondo i procuratori italiani l'effetto dell'emendamento potrebbe rivelarsi negativo sulle potenziali collaborazioni delle vittime di estersione, usura, stalking, violenze sessuali. La relatrice del ddl e presidente della Commissione Giustizia, Donatella Ferranti, sostiene, invece, che la riforma del processo penale all'esame della Camera "non vieta affatto le registrazioni tra privati e tantomeno impedisce che possano essere utilizzate come prova nei processi contro gravi reati come corruzione o stalking". Sulle intercettazioni, ha aggiunto Ferranti, "si tratta solo di regolamentare meglio la loro pubblicabilità. Non solo non c'è alcuna limitazione al loro uso e ai reati intercettabili, ma anzi si facilitano quelle che riguardano i gravi reati contro la pubblica amministrazione", conclude.
Il termine di novanta giorni. Le toghe sono in allarme anche per altre due norme, quella che obbliga il pm a chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione entreo tre mesi dalla scadenza del termine o dalla conclusione delle indagini, pena l'avocazione delle indagini da parte del procuratore generale e quella che minaccia la sanzione disciplinare se non iscrive tempestivamente gli indagati. Un conto, sostengono i procuratori è prevedere giustamente termini delle indagini preliminari, scaduti i quali non possono essere acquisiti ulteriori elementi di prova, altro è ignorare che, scaduti tali termini, la polizia giudiziaria deve spesso redigere informative complesse ed i pubblici ministeri devono trarre dagli atti precise e ragionate conclusioni. Insomma, contribuirebbero solo a burocratizzare la sua funzione rischiando di strozzare il momento più delicato dellattività del pm, la valutazione degli elementi di prova raccolti.
Intercettazioni, in Parlamento se ne parla dal 2008. Il tema delle intercettazioni, tornato alla ribalta dopo il 'caso Crocetta', viene affrontato nella più ampia riforma del processo penale in discussione alla Camera e approdato in Aula il 27 luglio. Nel testo è prevista una delega al governo in materia che ha come linee guida in particolare la distinzione tra le pubblicazioni rilevanti e non rilevanti. Questa valutazione viene fatta in una udienza filtro nella quale scegliere quelle rilevanti e, dunque, che vanno pubblicate ufficilamente negli atti distinte da quelle che devono restare scretate. Nel provvedimento non si incide sullo strumento di indagine dell'intercettazione ma piuttosto sulla pubblicazione. Dopo la bufera sulla modifica, però, il Pd ha presentato in Aula un emendamento che specifica che non ci sarà il carcere per i cronisti.
Risale al 1996, durante il governo Prodi il primo tentativo di mettere ordine nelle intercettazioni. Fu il guardasigilli Flick a presentare il testo, che però non fu approvato. Nel 2008 ci riprovò l'allora ministro della Giustizia, sempre del governo Prodi, Clemente Mastella: il ddl fu votato quasi all'unanimità , ma solo alla Camera. Il tentativo di riforma degli ascolti più famoso è la cosiddetta 'Legge bavaglio' dell'allora guardasigilli del governo Berlusconi Angelino Alfano. Il testo riduceva il potere di intercettare e limitava i casi di pubblicabilità sui giornali fu approvato soltanto dal Senato ma finì su un binario morto e l'iter si blocco per la caduta del governo Berlusconi. All'inizio della legislatura Enrico Costa, di Ncd, stesso partito di Angelino Alfano, ripresenta un testo simile a quello di Mastella e il governo Renzi annuncia l'intenzione di includere la questione intercettazioni nella riforma della giustizia. Uscita dalla porta dell'Aula, la legge rientrerebbe dalla finestra. Ma le critiche degli ultimi giorni hanno costretto l'esecutivo a fare marcia indietro sui punti più controversi e repressivi della legge.
Tiziano Rugi
Foto: Stampa.it