Giornata delle comunicazioni sociali. liberi di comunicare ma non di offendere comunicando
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L’uomo, da sempre è comunicazione e ha bisogno di comunicare all’altro qualcosa, sentimenti, emozioni, rabia, amore, messaggi di fede o di politica e lo fa in mille modi. Ogni cosa diventa uno strumento per comunicare. [MORE]
Scrive Papa Francesco nel messaggio per la 49°Giornata delle comunicazioni sociali viene che il primo strumento di comunicazione in assoluto è Il grembo materno: “il grembo che ci ospita è la prima "scuola" di comunicazione, fatta di ascolto e di contatto corporeo, dove cominciamo a familiarizzare col mondo esterno in un ambiente protetto e al suono rassicurante del battito del cuore della mamma. Questo incontro tra due esseri insieme così intimi e ancora così estranei l’uno all’altra, un incontro pieno di promesse, è la nostra prima esperienza di comunicazione. Ed è un'esperienza che ci accomuna tutti, perché ciascuno di noi è nato da una madre”.
Ogni strumento, però, può essere un buon mezzo di comunicazione o un cattivo mezzo. Questo dipende dall’uso che si fa e dall’intenzione del comunicatore. Papa Francesco usa l’immagine della famiglia per dirci come lo strumento della comunicazione può essere positivo e negativo allo stesso tempo.
Strumento positivo perchè la famiglia è il «luogo dove si impara a convivere nella differenza» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 66). Differenze di generi e di generazioni, che comunicano prima di tutto perché si accolgono a vicenda, perché tra loro esiste un vincolo. E più largo è il ventaglio di queste relazioni, più sono diverse le età, e più ricco è il nostro ambiente di vita. È il legame che sta a fondamento della parola, che a sua volta rinsalda il legame. Le parole non le inventiamo: le possiamo usare perché le abbiamo ricevute. E’ in famiglia che si impara a parlare nella "lingua materna", cioè la lingua dei nostri antenati (cfr 2 Mac 7,25.27). In famiglia si percepisce che altri ci hanno preceduto, ci hanno messo nella condizione di esistere e di potere a nostra volta generare vita e fare qualcosa di buono e di bello. Possiamo dare perché abbiamo ricevuto, e questo circuito virtuoso sta al cuore della capacità della famiglia di comunicarsi e di comunicare; e, più in generale, è il paradigma di ogni comunicazione”.
In questo passaggio del messaggio c’è un’espressione importante: “Le parole non le inventiamo”. E’ importante questo. Una comunicazione inventata è una comunicazione falsa, è una comunicazione che produce tanto male e può arrivare a creare guerre e stragi e lo abbiamo visto da tanti fatti di cronaca. Una comunicazione inventata è una comunicazione che offende. Una cosa che molti non riescono a comprendere è proprio la gravità di certe affermazioni che si pubblicano nei nuovi social media, facebook, twitter e altro. Si pensa che possa leggere solo il vicino di casa mentre non si sa che una calunnia messa su quella piazza virtuale può raggiungere il mondo intero.
Questi possono essere dei veri limiti della comunicazione. Ed è sempre con l’immagine della famiglia che Papa Francesco comunica questo concetto:
“la famiglia in cui, con i propri limiti e peccati, ci si vuole bene, diventa una scuola di perdono. Il perdono è una dinamica di comunicazione, una comunicazione che si logora, che si spezza e che, attraverso il pentimento espresso e accolto, si può riannodare e far crescere. Un bambino che in famiglia impara ad ascoltare gli altri, a parlare in modo rispettoso, esprimendo il proprio punto di vista senza negare quello altrui, sarà nella società un costruttore di dialogo e di riconciliazione.
In un mondo, poi, dove così spesso si maledice, si parla male, si semina zizzania, si inquina con le chiacchiere il nostro ambiente umano, la famiglia può essere una scuola di comunicazione come benedizione. E questo anche là dove sembra prevalere l’inevitabilità dell’odio e della violenza, quando le famiglie sono separate tra loro da muri di pietra o dai muri non meno impenetrabili del pregiudizio e del risentimento, quando sembrano esserci buone ragioni per dire "adesso basta"; in realtà, benedire anziché maledire, visitare anziché respingere, accogliere anziché combattere è l’unico modo per spezzare la spirale del male, per testimoniare che il bene è sempre possibile, per educare i figli alla fratellanza”.
Qual è la sfida che si pone dinanzi a noi oggi? Quella di imparare a comunicare, imparare a narrare, imparare a raccontare. Restiamo nel Vangelo. Che cos’è il Vangelo? Il Vangelo è narrazione. La scrittura è narrazione. La preghiera è narrazione. Tutto è narrazione. C’è lo ricorda il Salmo 145 (144): “Una generazione narra all’altra le tue opere, annuncia le tue imprese”.
La sfida che oggi ci si presenta è, dunque, reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consumare informazione. E’ questa la direzione verso cui ci spingono i potenti e preziosi mezzi della comunicazione contemporanea. L’informazione è importante ma non basta, perché troppo spesso semplifica, contrappone le differenze e le visioni diverse sollecitando a schierarsi per l’una o l’altra, anziché favorire uno sguardo d’insieme.
Dice in conclusione il Pontefice nel messaggio: “La famiglia più bella, protagonista e non problema, è quella che sa comunicare, partendo dalla testimonianza, la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello tra genitori e figli. Non lottiamo per difendere il passato, ma lavoriamo con pazienza e fiducia, in tutti gli ambienti che quotidianamente abitiamo, per costruire il futuro”.
Don Francesco Cristofaro
www.donfrancescocristofaro.it