Giacomo Balla e la "Ricostruzione futurista dell'Universo"
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PARMA, 25 OTTOBRE 2015 – Fino all’8 dicembre 2015 la Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo ospita la rassegna GIACOMO BALLA Astrattista Futurista, celebrando uno dei fondatori del più significativo movimento artistico italiano del secolo scorso nel centenario della pubblicazione del Manifesto Ricostruzione futurista dell’Universo, firmato dallo stesso Balla e Fortunato Depero nel 1915.[MORE]
Nel documento, «uno dei testi teorici più rivoluzionari dell’arte del Novecento» secondo Giancarlo Forestieri, Presidente Fondazione Magnani Rocca, si teorizzava l’estensione «dell’estetica futurista a tutti gli aspetti della vita quotidiana, arredo, oggettistica, scenografia, moda, editoria, grafica pubblicitaria, nel rifiuto di ogni retorica passatista».
Giacomo Balla (Torino 1871 – Roma 1958), «così sorprendentemente attuale», per Forestieri è l’artista «che forse più di tutti esprime l’identità del movimento stesso». Si definiva “Astrattista Futurista” e con le sue sperimentazioni, sui materiali e i colori, fondendo giocosamente gesto e ricerca teorico-artistica, ha personalizzato la lezione di Filippo Tommaso Marinetti: «L'arte, prima di noi, fu ricordo, rievocazione angosciosa di un Oggetto perduto (felicità, amore, paesaggio) perciò nostalgia, statica, dolore, lontananza. Col Futurismo invece, l'arte diventa arte-azione, cioè volontà, ottimismo, aggressione, possesso, penetrazione, gioia, realtà brutale nell'arte, splendore geometrico delle forze, proiezione in avanti».
Il progetto espositivo, a cura di Elena Gigli e Stefano Roffi, racconta il mito dell’artista trasformista attraverso un corpus di oltre settanta opere, che si alternano in nove sezioni tematiche dedicate ad altrettanti punti programmatici del richiamato Manifesto (Astratto, Dinamico, Volatile, Drammatico, Autonomo, Trasparentissimo, Coloratissimo e Luminosissimo, Scoppiante, Trasformabile). In mostra tele dominate da cromie sensazionali o dalla cosiddetta “linea di velocità”, opere belliche, quadri divisionisti dei primi del Novecento, mobili, decorazioni, fotografie d’epoca, documenti d’archivio, unitamente a capolavori come il Dubbio (1907-1908), agli autoritratti ironici e ai celebri ritratti della moglie Elisa o delle figlie Elica e Luce, muse ispiratrici da sempre.
«Nell’incamminarsi per il sentiero che lega la figura femminile all’arte di Giacomo Balla, ci s’addentra in un territorio intimo e poetico: si penetra un “lessico famigliare” che attraverso le opere si fa racconto sentimentale; le stagioni della vita assumono i contorni di sacrifici, entusiasmi, dolori, soddisfazioni, attese, nella costante condivisione con le presenze della moglie e delle figlie. L’ambiente domestico, laboratorio creativo frequentato anche da amiche, ammiratrici, allieve, diventa il luogo dove umanità e creazione si fanno tutt’uno; e dove la presenza femminile, precipua sostanza nella vicenda umana di Balla, rivela il suo ruolo non meno prezioso nell’ispirare, coadiuvare, tramandare l’intera parabola creativa dell’artista», osserva Antonio Carnevale in un saggio all’interno del catalogo della mostra edito da Silvana Editoriale.
La monografica, inoltre, offre l’occasione per puntare il faro dell’attenzione pubblica sullo stato in cui versa Casa Balla: nonostante il vincolo della Soprintendenza sull’immobile (con decreto del 25 maggio 2004), la casa-laboratorio è chiusa agli studi dall’inizio degli anni Novanta: «Elica muore nel gennaio 1993, Luce il 30 aprile 1994 – annota la curatrice Elena Gigli – . Ne resta solo il fantasma che dà vita, a volte, ai fiori sulla terrazza di via Oslavia…».
Domenico Carelli
(Gallery: foto courtesy Fondazione Magnani Rocca, Giacomo Balla, Forze di paesaggio + cocomero, 1917-1918, tempera su carta intelata; Giacomo Balla, Figlia del sole, 1933, olio su tavola)