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ROMA, 17 FEBBRAIO - L’esperienza di Futuro e Libertà è già finita. Giancarlo Fini paga a caro prezzo lo sgarbo fatto a Pasquale Viespoli e ai suoi senatori per avere imposto alla guida del partito Italo Bocchino. Giuseppe Menardi, dopo aver votato ieri mattina in dissenso con il gruppo sul decreto Milleproroghe, nel pomeriggio ha lasciato. La sua è una decisione che pesa, perché senza di lui i finiani non hanno più il numero sufficiente per costituire un gruppo autonomo.[MORE]
Ma l’abbandono di Menardi potrebbe essere solo il primo di una serie di addii da Fli a Palazzo Madama. Non è un mistero per nessuno che l’anima che sostiene il gruppo al senato sia assolutamente diversa da quella che sprona i futuristi alla Camera.
I dieci senatori non hanno ben digerito il violento strappo con cui Fini si è separato da Berlusconi, né le aperture di Bocchino nei confronti del centrosinistra per abbattere il Cavaliere.
Ciò che ha segnato la spaccatura più profonda e insuperabile fra falchi e colombe, è stato l trattamento ricevuto al congresso di Milano.
Le defaillance al voto di ieri pomeriggio sono state numerose, compresa quella di Barbara Conticini che non ha votato per essere arrivata in ritardo a causa di un piccolo incidente.
Se per il momento ad aver abbandonato è stato Menardi, presto il Fli potrebbe dover fare i conti con un altro scontento, Adolfo Urso, che ieri si è intrattenuto in una lunga chiacchierata con il leader dei Responsabili, Silvano Moffa. Mentre i rumors di Montecitorio raccontano di un colloquio di Luca Barbareschi con Berlusconi.