Festival di Roma, l'Italia in concorso con "I corpi estranei" di Locatelli: mezzi miracoli a Milano
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FESTIVAL DI ROMA, IN CONCORSO, I CORPI ESTRANEI DI MIRKO LOCATELLI: LA RECENSIONE. L'Italia in concorso col film di Mirko Locatelli, una storia di speranza ed empatia, sensibile nei contenuti e scontrosa nei toni, con Filippo Timi ed il bravo Jahouer Brahim, classe '96.
Questa macchina ha l’anima, recita la scritta sul distributore di caffè a 40 centesimi. Equo e solidale: come non sempre sono gli uomini, spesso con lo spirito arrugginito da qualche dolore, o qualche paura. Quella di Antonio (Filippo Timi) è che l’operazione al piccolo Pietro, per la quale papà e figlio sono giunti a Milano, possa mettere a rischio la vita del bambino, minacciata da una grave malattia. Questo è il suo pensiero, e guadagnarsi 20 euro al giorno spaccandosi la schiena tra i bancali del mercato notturno per far quadrare i conti. Luogo di speranza e di sofferenza, l’ospedale è anche il crocevia dell’incontro con Jaber (Jahouer Brahim), giovane tunisino da poco migrato in Europa, in fuga dalla primavera araba, e costretto a sostare a Milano per assistere l’amico Youssef insieme ad un gruppo di connazionali. I destini sembrano incrociarsi, anche se Antonio resta piuttosto sulle sue. Amicizie ed inimicizie si sbloccano insieme alle cartelle cliniche. [MORE]
PREGHERÒ PER TE - In genere la diffidenza nei confronti degli immigrati è motivata da qualche slogan acrimonioso come “ci rubano il lavoro”. Ne I corpi estranei di Mirko Locatelli, presentato al Festival di Roma 2013, invece, insegnano a pregare: e questo è l’apice della tensione. Antonio – un Filippo Timi astutamente bifronte, amorevole col figlio e scontroso con gli altri – bestemmia mentre cerca di ricordare le parole della preghiera Angelo custode; non conosce il bon ton da cappella ospedaliera, perché risponde al cellulare in un luogo di fede – di cui, peraltro, la macchina da presa inquadra nelle prime battute l’esterno freddo, come respingente; apprende, stralunato, che Maria prega per noi per bocca di un nordafricano. Quest’uomo pragmatico, la cui solitudine in trasferta è accentuata dalle numerose sequenze in cui parla al telefono con familiari ed amici (ma allo spettatore suonano inevitabilmente come soliloqui), ha una spigolosa dignità, ma non riesce ad aprirsi all’empatia che pure la conoscenza di persone in difficoltà ed il contesto da “siamo nella stessa barca” dovrebbe ispirargli. Sono gli altri, gli estranei, non italiani, a doversi avvicinare, è Jaber a pregare: un miracolo non italiano.
SCENT OF MAN - Film di formazione, dunque? D’illuminazioni intermittenti, piuttosto; ora cercate, ora oscurate dalla reticenza, ora intraviste nel buio di anime che lottano e di corpi che si allontanano – significativo il raccapriccio di Antonio nei confronti dell’odore del corpo di Jaber, che poi avvertirà anche addosso al bambino in una scena chiave della pellicola. Un problema di odore e di pudore, assieme, per cui traiettorie d’incrocio inevitabile a volte divergono, e certi tirocini emotivi si sospendono, o restano confinati in luoghi imperscrutabili anche alla macchina da presa. La delicatezza di questa condotta si avverte, ad esempio, quando Antonio piange sotto la doccia, di spalle, e la ripresa è da lontano, addirittura dall’esterno della stanza, perché lo sguardo – quello sì, lo conosce il bon ton del dolore. O ancora, quando Jaber fissa il piccolo Pietro, del quale ha preso a cuore le sorti, nella culla ospedaliera: ecco, in primo piano, le barre\barriere del lettino a recintare il sacrario col bambino, il contatto pietoso e furtivo. Quel contatto non sempre facile.
Così sacra, l’area d’umanità dei personaggi, che le tangenze diventano problematiche. Non sempre dirozzato, invece, lo stile di Locatelli, anch’esso, forse, riluttante, disadorno, funzionale al carattere scenico introverso, al punto che il film, per lunghi tratti silenzioso – nonostante la colonna sonora dei Baustelle – ed ostinatamente dilatato, non conquista facilmente. Il cuore c’è, la forma meno, il significato lo troverà ognuno – purché disposto ad aprirsi.
REGIA: Mirko Locatelli.
CAST: Filippo Timi, Jaouher Brahim, Tijey De Glaudi, Gabriel De Glaudi, Dragos Toma, Naim Chalbi, El Farouk Abd Alla
GENERE: Drammatico,
DURATA: 98 min
ORIGINE: Italia 2013.
Antonio Maiorino
Critico cinematografico e d'arte - on Twitter