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Festival d’Autunno: Luca Carboni riempie il Politeama e fa il pieno di applausi

Carlo Talarico
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Festival d’Autunno: Luca Carboni riempie il Politeama e fa il pieno di applausi
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CATANZARO, 29 SETTEMBRE – Master class velocissima (causa disguidi aerei), concerto bellissimo (causa 35 anni di canzoni sempre apprezzate dal pubblico), la serata di Luca Carboni è andata così. Il cantautore bolognese ha dapprima incontrato stampa e ammiratori nel ridotto del teatro Politeama e quindi si è esibito davanti ad un teatro gremito, inaugurando al meglio la diciassettesima edizione del Festival d’Autunno, fortunata rassegna ideata e curata da Antonietta Santacroce. Tanti gli applausi per l’ultima tappa del fortunato Sputnik Tour che ha portato Luca Carboni ed i suoi musicisti in giro per l’Italia.

I brividi con “Silvia lo sai”, le suggestioni ascoltando “Mare mare”, le certezze di “Ci vuole un fisico bestiale” e così via in un concerto che ha racchiuso trentacinque anni di musica e parole che hanno venduto, ieri, milioni di dischi ed oggi continuano a fare numeri in termini di brani scaricati.

Sulle parole, fil rouge di questa edizione del Festival d’Autunno, Luca Carboni si è espresso riassumendo lo spirito delle canzoni degli anni ’80: “In quegli anni c’è stata una grande rivoluzione sociale – ha esordito Luca Carboni nella partecipata Master class –, venivamo da un mondo che veniva dalla guerra fredda e c’era tanta ideologia e politica nelle canzoni, si cercava di parlare più delle ideologie che dell’uomo. Negli anni ‘80 le canzoni hanno abbattuto il muro di Berlino prima di quando sia successo realmente e ci si è concentrati nei testi più sull’uomo. In più c’erano altri elementi che stavano succedendo e la canzone d’autore che ho iniziato a fare io ha rotto questi schemi, era la voce di una generazione e non era merito mio, era la mia generazione che era diversa”. Sul percorso che lo ha portato a Sputnik, diciannovesimo album dell’artista tre anni dopo l’uscita di Pop-up, Luca Carboni ha spiegato: “Sputnik nasce dal fatto che dietro questa parola c’è una storia tipo quella del muro di Berlino, la Guerra fredda e la cultura con la quale sono cresciuto. Volevo essere una sorta di astronave per guardare l’uomo da lontano quasi invidiando la bellezza del nostro pianeta per rimettere a fuoco l’individuo e il suo mondo”. Conclusione dell’incontro con la stampa guardandosi ancora dentro, senza filtri: “Vivo e sento Luca Carboni dal di dentro e nonostante siano passati tanti anni, ci siano stati trentacinque anni di musica con tanti cambiamenti dentro di me, dato che ero figlio ed ora sono un padre e sicuramente diventerò nonno, non è mai mancato l’istinto di scrivere canzoni. E’ una cosa che non ha tempo: puoi essere un bambino, un ragazzo o un uomo, ma le mie canzoni nascono sempre prima della musica”. Poi il passaggio in camerino, le canzoni del cantautore Effemberg che hanno aperto il concerto e l’esibizione di Luca Carboni (jeans neri, stivaletti e t-shirt d’antan con stella rossa al centro) apprezzata da tutti con un “Ciao Catanzaro” e “Ciao Catanzaro Lido” che unisce la Città capoluogo nel nome di note musicali apprezzate da decenni.

Carlo Talarico – Elena Aiello

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Scritto da Carlo Talarico

Giornalista di InfoOggi

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