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ROMA, 9 GIUGNO 2012 – Sono sempre di più i militari Usa che decidono di togliersi la vita. Secondo cifre pubblicate venerdì dal Pentagono, tra gennaio e giugno del 2012 il numero dei suicidi tra il personale in servizio attivo ha superato per la prima volta quello dei caduti in combattimento, arrivando a quota 154 (i morti in azione in Afghanistan ammontano invece a 124 uomini). Nello stesso periodo dell'anno scorso e del 2010 i suicidi erano stati rispettivamente 130 e 123.[MORE]
Si tratta di dati piuttosto impressionanti, che cominciano ad allarmare (almeno ufficialmente) il Pentagono. Il segretario alla Difesa Leon Panetta, in una circolare interna emessa lo scorso mese, ha definito il fenomeno «uno dei più complessi e urgenti problemi che il dipartimento deve affrontare», ed ha sottolineato come evitare i suicidi costituisca una delle responsabilità dei comandanti: «gli ufficiali lungo la catena di comando devono promuovere attivamente un clima costruttivo che rafforzi la coesione ed incoraggi i singoli individui a chiedere aiuto quando necessario». Recentemente è stato inoltre istituito un ufficio specifico, interno al dipartimento, volto ad elaborare programmi di prevenzione.
Le associazioni dei veterani sostengono però, come riportato dal New York Times, che ben poco è stato fatto in concreto per fronteggiare la situazione di stress vissuta dalle truppe, specialmente in zone di guerra. Gli psicologi nelle forze armate sono pochi, e spesso richiedere assistenza è percepito come un segno di debolezza. A ciò si aggiungono le difficoltà economiche che colpiscono sempre più gravemente le famiglie dei militari. Secondo Paul Rieckhoff, direttore esecutivo di «Iraq and Afghanistan Veterans of America», i soldati «si preoccupano dei combattimenti, certo, ma si preoccupano anche delle loro mogli e dei loro figli a casa».
Michele Barbero
(Immagine da wemeantwell.com)