È legittimato l'amministratore ad agire per far valere il "diritto al posto auto"?
L'Avvocato INFOrma Calabria

È legittimato l'amministratore ad agire per far valere il "diritto al posto auto"?

lunedì 23 aprile, 2018

CROTONE, 23 APRILE - Ove il costruttore non si sia riservato la proprietà delle aree vincolate a parcheggio, queste devono essere considerate come “beni comuni” ex art. 1117 c.c.. Ciò vuol dire che l'amministratore di Condominio, essendo legittimato a porre in essere tutti gli “atti conservativi” dei beni comuni, può benissimo proporre l'azione contro l'utilizzatore in via esclusiva delle aree vincolate a parcheggio. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 4255/2018, depositata il 21 febbraio. [MORE]

Il caso. Il Condominio, in persona dell’amministratore p.t., citava in giudizio due condomini deducendo che costoro detenevano illegittimamente una parte del piano scantinato dell’edificio, sottoposto a vincolo di destinazione a parcheggio, nonché il cortile retrostante il fabbricato, e domandandone perciò la condanna a cessare da ogni condotta idonea a pregiudicare l’uso del cortile e dello scantinato, nonché a risarcire i danni. L’adito Tribunale accoglieva le domande del Condominio e condannava i convenuti a risarcire i danni stimati in Euro 235.105,85.

La sentenza di primo grado veniva impugnata in appello. La Corte territoriale, invece, riteneva l’amministratore del Condominio privo di legittimazione ad agire per l’accertamento del vincolo di destinazione a parcheggio, in quanto diritto spettante, piuttosto, ai singoli compratori delle varie unità immobiliari e non alla collettività condominiale. Conseguentemente, i giudici del gravame rigettavano le pretese del Condominio concernenti l’illegittima detenzione dello scantinato da parte degli appellanti ed il correlato risarcimento, mentre tenevano ferma la statuizione sulla arbitraria occupazione del cortile retrostante il fabbricato, di proprietà condominiale, riducendo il correlato risarcimento, in ragione della maturata prescrizione fino a cinque anni prima, nell’importo di Euro 34.664,61.

Avverso la sentenza di secondo grado gli appellanti proponevano ricorso per cassazione con quattro motivi di doglianza. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 1117 c.c. e 41 sexies, legge 17 agosto 1942 n. 1150, nonché l’omesso esame di fatto decisivo, circa il difetto di legittimazione ad agire del Condominio, per aver la Corte d’Appello riconosciuto al medesimo Condominio un credito risarcitorio pur dopo aver negato la legittimazione attiva dell’amministratore. Con il secondo motivo replicavano la censura di violazione degli artt. 1117 e 1131 c.c. e 41 sexies, legge 17 agosto 1942 n. 1150, sempre circa il difetto di legittimazione ad agire del Condominio, la mancanza del diritto all’azione e la nullità della sentenza. Con il terzo motivo denunciavano la nullità della sentenza resa in primo grado dal Tribunale, non avendo essa motivato sulle critiche mosse all’elaborato del CTU. Con il quarto motivo allegavano l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, fatto individuato nell’appello proposto avverso la sentenza di primo grado e consistente nella sussistenza del vincolo di destinazione a parcheggio sui beni per cui era causa. L’unico motivo del ricorso incidentale del Condominio, denunciava la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., reclamando la legittimazione attiva dell’amministratore anche in ordine alla domanda tesa a far dichiarare l’illegittima occupazione della parte di piano cantinato sottoposta a vincolo di destinazione a parcheggio, in quanto bene di natura condominiale.

La Corte di Cassazione riconosceva le ragioni dell'amministratore del Condominio. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello, negando la legittimazione ad agire dell’amministratore con riguardo allo scantinato gravato dal vincolo di destinazione a parcheggio, non si era uniformata alla consolidata interpretazione di Corte di legittimità, secondo cui la speciale normativa urbanistica, dettata dall’art. 41 sexies della L. n. 1150 del 1942, introdotto dall’art. 18 della L. n. 765 del 1967, si limitava a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d’uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell’edificio, senza imporre all’originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione. Pertanto, ove mancasse un’espressa riserva di proprietà o fosse stato omesso qualsiasi riferimento, al riguardo, nei singoli atti di trasferimento delle unità immobiliari, le aree in questione, globalmente considerate, dovevano essere ritenute parti comuni dell’edificio condominiale, ai sensi dell’art. 1117 c.c., con conseguente legittimazione dell’amministratore di condominio ad esperire, riguardo ad esse, le azioni contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere il ripristino dei luoghi ed il risarcimento dei danni, giacché rientranti nel novero degli "atti conservativi", al cui compimento l’amministratore era autonomamente legittimato ex art. 1130, n. 4, c.c. (Cass. Sez. 6 - 2, 08/03/2017, n. 5831; Cass. Sez. 2, 16/01/2008, n. 730; Cass. Sez. 2, 18/07/2003, n. 11261). L’accoglimento del ricorso incidentale comportava l’assorbimento del quarto motivo del ricorso principale, che ulteriormente poneva la questione della concreta individuazione degli spazi vincolati alla destinazione a parcheggio, dovendo comunque il giudice di rinvio accertare sia l’applicabilità del vincolo pubblicistico di destinazione sulle aree destinate a parcheggio oggetto di causa, sia, soprattutto, il regime proprietario di tali aree, al fine di verificare se vi fosse stata una riserva di proprietà da parte del costruttore o, in mancanza, se tali spazi fossero divenuti condominiali.

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso incidentale, rigettava i primi tre motivi del ricorso principale, dichiarava assorbito il quarto motivo del ricorso principale, cassava la sentenza impugnata e rinviava ad altra sezione della Corte d’Appello, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express


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