Don Ciotti come don Puglisi: il volto della Chiesa che interferisce sui poteri forti della mafia
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ROMA, 1 SETTEMBRE 2014 - La mafia non distingue, non perdona e combatte contro chi dei valori della legalità ne fa una bandiera. La mafia condanna senza appello e si scaglia contro quella gente e i tantissimi giovani, scuole o cooperative che lavorano sulle terre confiscate ai clan.[MORE]
Una condanna è arrivata ma non da un casolare sperduto o da un nascondiglio fatto su misura per sopravvivere alla latitanza, ma dal carcere di un 41 bis che fa di nome Totò Riina: “Ciotti, Ciotti, putissimu pure ammazzarlo”. Il capo di Cosa nostra va su tutte le furie quando sente che la Chiesa vuole rilanciare il messaggio di don Puglisi, oggi beato.
La somiglianza
Il boss di Corleone è lapidario: “Quello – riferendosi a don Ciotti – gli somiglia tanto”. Eppure, l'instancabile animatore di Libera non osa, per rispetto e umiltà, accostarsi a don Puglisi, il parroco del quartiere Brancaccio di Palermo giustiziato il 15 settembre del 1993 dai killer mandati dai fratelli Graviano: “Non posso paragonarmi a lui perché sono un uomo piccolo e fragile”. Ma da don Puglisi a don Ciotti il passo è breve. Entrambi fanno parte di quella schiera di uomini che la mafia teme e non digerisce; di quei preti che vanno per strada per sottrarre terreno al messaggio e al potere della violenza e che fanno dell’impegno contro la criminalità organizzata un atto di fedeltà al vangelo, denunciando alla luce del sole le ingiustizie.
Entrambi sono figli di una Chiesa che “interferisce” e opera dalla parte delle vittime, dei poveri, degli esclusi. Una Chiesa, sostiene don Ciotti “che accoglie, che tiene la porta aperta a tutti, anche a chi, criminale mafioso, è mosso da un sincero, profondo desiderio di cambiamento, di conversione”.
Le minacce rivolte a don Ciotti sono la conferma che il contrasto alla mafia non viene fatto solamente nelle aule di tribunale, senz’altro di fondamentale importanza, ma anche nelle scuole e nelle università, attraverso la cultura e nella società, affinché i cittadini possano essere più responsabili e liberi. Resta fondamentale costruire un’alternativa ispirata alla legalità in modo che, anche quando terminata la scuola i giovani cercano lavoro, non debbano trovarlo dalla mafia. Un concetto caro a don Ciotti che non smette mai di ripetere con forza che c’è bisogno di politiche culturali e sociali che cambino davvero la situazione.
Libera e la confisca dei beni alla mafia
L’esempio concreto di Libera, arriva dai beni confiscati alla mafia e dalla vendita dei prodotti di Libera Terra, coltivati nei terreni che prima appartenevano alla criminalità organizzata. Da sempre attivo a fianco dei più deboli e delle persone più fragili, Don Ciotti ama sottolineare, che non si lascerà intimidire, anzi, quanto appreso, “sarà una motivazione in più per proseguire”. Non è possibile abbassare la guardia. C’è una mafia silente che moltiplica profitti e affari speculando sulla crisi del Paese.
Alessandro Filippelli