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Docenti e Intelligenza Artificiale: tra innovazione e polemiche

Redazione
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Docenti e Intelligenza Artificiale: tra innovazione e polemiche
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L’uso crescente di ChatGPT e altri strumenti di intelligenza artificiale da parte dei docenti universitari solleva interrogativi su trasparenza, etica e qualità dell’insegnamento. Il caso della Northeastern University riaccende il dibattito globale.

L’intelligenza artificiale irrompe nelle università e accende il confronto. Sempre più docenti integrano strumenti come ChatGPT nella didattica quotidiana, tra progettazione di materiali, supporto amministrativo e interazione con gli studenti. Ma non mancano le controversie, come dimostra il recente caso scoppiato alla Northeastern University di Boston, che ha rilanciato un tema centrale: quanto è trasparente l’uso dell’IA nell’istruzione superiore?

L’IA tra i banchi: una trasformazione in atto

Negli ultimi anni, l’uso dell’intelligenza artificiale in ambito accademico è passato da fenomeno marginale a pratica diffusa. Secondo uno studio pubblicato da Ithaka S+R nel giugno 2024, circa il 75% dei docenti universitari statunitensi ha già adottato strumenti di IA generativa. Le applicazioni più comuni includono la progettazione del materiale didattico (22%), l’assistenza nelle e-mail e nelle attività amministrative (16%) e la creazione di immagini o visualizzazioni (15%).

La familiarità cresce: il 66% dei docenti afferma di conoscere questi strumenti, mentre solo il 16% dichiara di non averne alcuna esperienza.

Northeastern University: IA in aula, scoppia il caso

A sollevare il polverone è stata Ella Stapleton, studentessa della Northeastern University, che ha contestato al professor Rick Arrowood l’utilizzo di materiali didattici generati da IA senza previa comunicazione. Dopo aver richiesto il rimborso della retta universitaria, la sua domanda è stata respinta dall’ateneo.

Arrowood, docente con oltre vent’anni di carriera, ha ammesso di aver utilizzato ChatGPT, Perplexity e il tool Gamma per generare materiali messi a disposizione online per la revisione degli studenti, specificando però di non averli usati direttamente in aula.

Il caso ha avuto una forte eco mediatica e accademica, rivelando la necessità di linee guida chiare sull’uso dell’IA da parte del corpo docente.

Percezioni e trasparenza: il rapporto tra professori e IA

Un sondaggio condotto nel 2024 da Tyton Partners ha rilevato che il 18% dei professori universitari usa frequentemente strumenti di IA generativa, percentuale quasi raddoppiata rispetto all’anno precedente. I docenti intervistati dichiarano di utilizzare chatbot per creare quiz, esercizi, feedback personalizzati e materiali didattici. Alcuni ammettono l’importanza di dichiarare apertamente agli studenti l’uso di IA, mentre altri temono la reazione negativa di chi ancora guarda con sospetto alla tecnologia.

Il New York Times ha interpellato diversi professori recensiti su piattaforme come Rate My Professors, scoprendo come molti utilizzino ChatGPT per ottimizzare la comunicazione, risparmiare tempo e rendere i contenuti più accessibili.

Esperienze concrete: l’IA come assistente didattico

Molte università statunitensi hanno già sperimentato chatbot integrati nei corsi. Alla Virginia Commonwealth University, il professor Kwaramba definisce ChatGPT un valido alleato, utile per liberare tempo da dedicare agli studenti. A Harvard, David Malan ha creato un chatbot per il corso introduttivo di programmazione, utilizzato da centinaia di studenti per ricevere assistenza sui compiti. Anche Katy Pearce, docente di comunicazione all’Università di Washington, ha addestrato un chatbot per fornire feedback 24 ore su 24 sulla scrittura accademica.

Tutti esempi di come l’IA possa integrare – e non sostituire – il ruolo del docente, migliorando l’esperienza educativa.

Verso una nuova pedagogia?

Paul Shovlin, esperto di IA e retorica digitale alla Ohio University, propone di insegnare l’uso critico dell’intelligenza artificiale come competenza fondamentale per il mondo del lavoro. Secondo lui, l’uso di materiali IA non differisce concettualmente dall’adozione di risorse da editori terzi, pratica già consolidata nel mondo accademico.

E in Italia?

Nel nostro Paese non sono ancora emersi casi simili a quello della Northeastern. Le ricerche sul tema si concentrano più sull’utilizzo da parte degli studenti che dei docenti. Uno studio dell’Università La Sapienza di Roma ha rilevato un uso soprattutto strumentale dell’IA tra i professori, che la impiegano per scopi concreti legati a didattica, ricerca e amministrazione. Più incerta invece la visione futura: gli insegnanti italiani sembrano avere ancora poche certezze su come questa tecnologia potrà evolversi nel contesto scolastico.

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Scritto da Redazione

Giornalista di InfoOggi

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