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Riceviamo e pubblichiamo testo integrale
Matteo Salvini, anche un po’ per andar contro Di Maio e i 5 Stelle dopo il ritiro delle deleghe a Siri, ha rilanciato la lotta alla droga chiedendo ai grillini di ritirare il loro progetto di legge sulla legalizzazione della cannabis e annunciando la chiusura dei così detti cannabis shop che, da qualche anno, sono stati aperti per vendere la cannabis light, quella praticamente senza principio attivo.
Qualcuno dovrebbe spiegare al ministro Salvini che insistere con le politiche proibizioniste sulle droghe leggere rischia di produrre ancora lo stesso risultato: aumentare consumi (o comunque non farli diminuire) e - soprattuto - aumentare i profitti delle mafie.
Della ndrangheta in particolare che proprio grazie ai traffici di droghe illegali, è diventata una potenza economica e ha infiltrato, con i suoi capitali illeciti, l’economia legale investendo a Roma, Milano, Düsseldorf.
Salvini dovrebbe leggere la relazione della DNA, la direzione nazionale antimafia, di qualche anno fa e di cui qui riporto qui un breve tratto:
<> - spiega Franco Ruperti, allora a capo della direzione nazionale antimafia - <>.
E ancora: <<Davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo, spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro (ipotizziamo, almeno, europeo, in quanto parliamo di un mercato oramai unitario anche nel settore degli stupefacenti) sia opportuna una depenalizzazione della materia, tenendo conto del fatto che, nel bilanciamento di contrapposti interessi, si dovranno tenere presenti, da una parte, le modalità e le misure concretamente (e non astrattamente) più idonee a garantire, anche in questo ambito, il diritto alla salute dei cittadini (specie dei minori) e, dall’altra, le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite>>.
In pratica per combattere seriamente le mafie e, in particolare, la ndrangheta, sono gli stessi magistrati dell'antimafia a suggerire, nella relazione presentata al parlamento nel febbraio 2015, di “prendere in considerazione - pragmaticamente e senza pregiudizi proibizionisti o antiproibizionisti - la depenalizzazione dell'intero settore delle droghe leggere” perché ciò, dicono i magistrati, avrebbe due fondamentali vantaggi: sottrarre enormi proventi ai clan e liberare risorse investigative per contrastare fenomeni ben più gravi come la corruzione e l’associazione mafiosa.
Giuseppe Candido
Segretario Associazione Radicale Nonviolenta