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Dheepan di Jacques Audiard, la recensione. Il senso dell'epopea viene calato in un contesto di grande realismo ed un tema di scottante attualità esplode nel thriller.
Già fare un thriller sull’integrazione, trovando l’alchimia di tutti gli elementi – credibilità, suspense, profondità d’analisi – sarebbe stata un’operazione di tutto interesse. Ma con Dheepan, vincitore della Palma d’Oro, Jacques Audiard riesce a fare qualcosa in più: un thriller sulla disintegrazione, sociale e mentale. Il racconto del rifugiato che dalla guerra civile dello Sri Lanka passa alla banlieau di Parigi con una finta famiglia, finendo invischiato in una guerra tra bande rivali, unisce il dramma del ritratto di (pseudo)famiglia in un interno, meglio, in un esterno, con il crime movie urbano, d’una città che si sfrangia ai bordi di periferia attraverso gli occhi di un immigrato. Il protagonista Dheepan – Antonythasan Jesuthasan, nella vita reale arruolato davvero a 16 anni – ha superato il border, il confine, del paese d’accoglienza, ancora grondante del sangue di commilitoni e familiari. La convivenza nervosetta con una donna ed una ragazzine sconosciute, che se ne fingono moglie e figlia, quasi lo fa diventare borderline: il disturbo deflagra con violenza, quando un vecchio generale viene a cercarlo e risveglia l’assopito combattente delle “Tigri Tamil”. È un guaio, perché la “tigre” si trova in una giungla d’asfalto di malavitosi, bossetti e giovinastri. [MORE]
TIGRI AI BORDI DI PERIFERIA - Jacques Audiard riesce a calare il senso dell’epopea in contesti di grande umanità e realismo. Con Dheepan, nonostante il tema sia bruciante, non fa grigia cronaca, semmai vede il noir che già esiste nella realtà e lo volge in cinema; non sfocia nell’eccesso d’artificio dell’epica, piuttosto rielabora suggestioni cinematografiche e le porta al bordo del marciapiede. Nel soldato-guerriero rassegnato a quell’orrore così capillare da contagiare anche il presunto “rifugio civile”, è sembrato a tratti di rivivere una rassegnazione fosca alla Apocalypse Now, soprattutto nelle scene di training autogeno coi canti di guerra; quando poi l’apocalisse scoppia, la brutalità è inattesa in proporzione, ma il colpo era in canna per una lenta strategia della tensione: quattro palazzi, in un nonnulla, fanno da scenario a Salvate il soldato Dheepan.
AZIONI, INIZIAZIONI, PROVOCAZIONI - È una history of violence, dunque, in equilibrio tra la micro-storia romanzata, che non dispiacerebbe nemmeno a Peckinpah, per come il suo protagonista da “cane di paglia” evolve in lupo per non farsi sbranare; e la storia contemporanea, incorniciata tra due provocazioni. La prima, macroscopica, è quella di associare in qualche modo la violenza di una guerra civile d’un paese lontano con la guerriglia illegale nel cuore di Parigi; la seconda, più sottile, è quella di designare il percorso di Dheepan come un’iniziazione: s’integra solo quando disintegra, genera una famiglia rispettabile solo con un atto criminale. Altro che finale idillico: benvenuti all’Ovest, violento come il West crepuscolare, come un paese che non è per vecchi.
(in foto: dettaglio di un'immagine di Dheepan)
DATA USCITA: 22 ottobre 2015
GENERE: Drammatico
REGIA: Jacques Audiard
SCENEGGIATURA: Jacques Audiard, Thomas Bidegain, Noé Debré
ATTORI: Jesuthasan Antonythasan, Kalieaswari Srinivasan, Vincent Rottiers, Marc Zinga, Claudine Vinasithamby
FOTOGRAFIA: Éponine Momenceau
MONTAGGIO: Juliette Welfling
DISTRIBUZIONE: BIM
PAESE: Francia
DURATA: 109'
Antonio Maiorino