Bologna, senegalese stuprata rischia ora l'espulsione
Cronaca Emilia Romagna

Bologna, senegalese stuprata rischia ora l'espulsione

venerdì 25 novembre, 2011

BOLOGNA, 25 NOVEMBRE 2011 – Era venuta in Italia per dare ai suoi figli una vita più dignitosa, invece è stata derubata, stuprata e ferita dallo stesso compagno che l'aveva aiutata a trovare una casa ed un lavoro. È la triste storia di Adama, una donna senegalese senza permesso di soggiorno che si trova rinchiusa da Agosto nel Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Bologna dopo aver denunciato ai carabinieri le violenze subite dal suo aguzzino.[MORE]

Tornano ad accendersi i riflettori sull'oscuro capitolo italiano in tema di diritti agli immigrati. In occasione della giornata contro la violenza sulle donne, una ventina di associazioni umanitarie scendono in campo in difesa di Adama per tutelare i diritti che le appartengono come donna e come migrante.

La vicenda è iniziata nel mese scorso di Agosto, quando la donna si è rivolta ai carabinieri di Forlì per denunciare le violenze fisiche subite dal suo convivente. L'uomo, secondo la testimonianza di Adama, intimoriva la donna con la minaccia di ricorrere alla legge Bossi-Fini per farla rimpatriare nel caso lei avesse deciso di sporgere denuncia. Ipotesi che si è concretizzata il 26 Agosto scorso, quando la Procura di Bologna ha convalidato la detenzione della donna clandestina presso il Cie di via Mattei.

Da allora nessuno si è più messo in contatto con Adama, che soltanto il 25 Ottobre scorso è stata visitata per la prima volta dal suo avvocato e da un gruppo di medici che hanno stilato una perizia in cui si legge che “la sua compromessa situazione psicologica non è compatibile con la sua permanenza al Cie". Più di un mese è trascorso dunque prima che la donna potesse denunciare il suo aggressore ed incontrare qualcuno che raccogliesse il suo appello alla libertà. Per ora Adama si trova ancora in stato di fermo nel centro e la Procura di Bologna non ha fornito nessuna indicazione sul giorno in cui la donna verrà rilasciata. Ma, come si legge nell'appello lanciato dalle associazioni in difesa delle donne, ogni “giorno è un giorno di troppo. Per quattro anni – prosegue il comunicato - Adama è stata derubata del suo salario, ha subito violenze da un uomo che ha usato la sua clandestinità come arma in suo potere. Quando ha dovuto rivolgersi alle forze dell'ordine, l'unica risposta è stata la detenzione".

Dal coro di voci indignate si leva in particolar modo il grido di denuncia urlato dalla rete di donne “Migranda”, che ha pubblicato sul suo sito (migranda.org) un appello per l'immediata scarcerazione della donna. "Noi donne non possiamo tacere - concludono le associazioni - per questo facciamo appello a tutti i collettivi, le associazioni, le istituzioni, affinché chiedano la sua immediata liberazione dal Cie e la concessione di un permesso di soggiorno che le consenta di riprendere in mano la propria vita".

L'appello è stato infine accolto dal Comune di Bologna, che ha incaricato l'assessore Matteo Lepore di diffondere le dichiarazioni fatte dalla direttrice del Cie Annamaria Lombardo. In merito alla liberazione di Adama, il responsabile dell'istituto di via Mattei ha infatti rassicurato che “quando sarà riconosciuta la veridicità della sua storia uscirà e sarà tutelata in una struttura protetta e contemporaneamente sarà avviato il processo di regolarizzazione”. Per ora, tuttavia, Adama si trova a vivere nella stessa condizione umiliante che affligge molti altri immigrati irregolari. È il dramma dei clandestini, che in questo caso ha reso una donna ancora più vulnerabile alla violenza.

Riccardo Marcucci


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