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ROMA, 11 OTTOBRE 2012 - Dall'inizio del nuovo millennio i paesi confinanti con la Fortezza Europa hanno accettato – attraverso accordi come il famoso trattato italo-libico - di farsi guardiani delle frontiere europee, non solo perseguendo quel diritto all'emigrare sancito tra gli altri dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 ed al Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, ma anche rendendosi corree delle violazioni dei diritti umani necessarie ai paesi difesi dalla Fortezza per mantenere il proprio status di appartenenza al “mondo dei ricchi”, in una situazione di vero e proprio subappalto delle frontiere.
Il business del migrante. Dal 1999 – anno in cui in Italia i Centri di Permanenza Temporanea voluti dalla legge Turco-Napolitano diventano Centri di Identificazione ed Espulsione – al 2011 il costo dei 13 centri italiani è stato di 985,4 milioni di euro, di cui solo 287 tra il 2008 ed il 2011, ai quali vanno già aggiunti – in quanto previsti negli allegati alla legge finanziaria 2011 – i 169 milioni per quest'anno ed altri 211 per il prossimo.[MORE]
Secondo l'Organizzazione Mondiale per le Migrazioni, il 60% della popolazione dei centri proviene direttamente dal carcere, luogo dove l'identificazione dovrebbe già essere avvenuta. Ciò però non si verifica mai, a seguito di una serie di intoppi e lentezze burocratiche grazie alle quali si crea un vero e proprio corto circuito di legalità – costituito dal sistema carcere-cie che può, come abbiamo visto, reiterarsi praticamente all'infinito – nel quale le ed i migranti si trovano a scontare una pena suppletiva pur non avendo commesso alcun reato ed oltretutto incostituzionale, in quanto il nostro ordinamento prevede sì il cosiddetto “fermo per identificazione”, ma solo per la durata di poche ore, non certo di interi mesi come è invece la permanenza media nei centri. Da qui la ovvia quanto logica domanda: chi ha trasformato i migranti in un vero e proprio business?
Ogni migrante rinchiuso costa in media 45 euro al giorno, con spese che variano dai 24 euro del Centro per Richiedenti Asilo (o Cara) di Foggia ed i 34 del Cie di Bari ai 75 di Modena. Quest'anno, però, tutte le gare d'appalto sono state fatte al ribasso e, ad esempio, al Cie di Bologna la prefettura ha definito un tetto massimo di 28 euro giornalieri anche se – come denunciava Anna Maria Lombardo, direttrice della Confraternita della Misericordia che ha gestito il centro fino a fine luglio – solo per un medico di euro se ne spendono 23. All'ora. Stando al dossier "Lampedusa non è un'isola" dell'associazione "A buon diritto" la macchina dei Cie costa in tutto 200.000 euro al giorno, per un totale di 73.000.000 di euro l'anno.
Una spesa che non viene assolutamente giustificata dai risultati, che vedono – come scriveva Vladimiro Polchi su Repubblica a giugno - nell'ultimo anno, in media, espulsa meno della metà dei trattenuti. Sempre che sia questa la vera finalità del sistema dei centri. Perché con somme così elevate c'è chi «specula allegramente sulle disgrazie dei migranti», parafrasando una vecchia canzone di Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci.
Escludendo quelli temporanei e quelli "galleggianti" – le tre navi ormeggiate a Palermo nelle quali sono stati stipati 700 tunisini durante una delle tante emergenze di Lampedusa – costateci 90.000 euro al giorno in noleggio, in Italia ci sono attualmente 13 Centri di Identificazione ed Espulsione, per un totale di 4.000 posti. Per oguno, stando ad una relazione tecnica della Camera del 2008 relativa al Cie di Torino che di posti ne ha 180 sono stati spesi in media 78.000 euro. 18 milioni e 607 mila euro è invece il costo complessivo – come dicono i dati aggiornati allo scorso febbraio forniti dalla prefetto Angela Pria, Capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione – dei servizi forniti all'interno dei centri, appaltati a ditte esterne che però riescono a fornire solo trattamenti minimi, somma equipollente a quella destinata alla riapertura del centro di Santa Maria Capua Vetere e di Palazzo San Gervasio, a Potenza. E la diminuzione dei costi di gestione non farà altro che peggiorare la situazione.
Mole ingente di denaro che i migranti neanche vedono. Tutto, infatti, va a finire nei conti degli enti che gestiscono – per nome e conto dello Stato Italiano - materialmente centri e servizi. Ma chi si occupa della gestione dei migranti?
Croce Rossa, cooperativa Oasi e Connecting People – più la cooperativa Auxilium per il centro romano di Ponte Galeria – sono i tre grandi gruppi che si spartiscono la torta della detenzione migrante.
Come se non bastasse la riduzione al minimo delle spese, il consorzio siracusano L'Oasi al quale sono stati affidati – attraverso l'omonima cooperativa - i centri di Bologna, Modena e Trapani vede tra i soci anche Marco Bianca, ex vicepresidente della cooperativa Alma Mater, nel recente passato gestore del Cara "Giovanni Paolo II" di Cassibile, nel siracusano, finito nel 2008 sotto inchiesta insieme all'ex presidente di quest'ultima cooperativa, don Arcangelo Rigazzi e a tre imprenditori, per truffa ai danni dello Stato in seguito alla sovrafatturazione inerente la ristrutturazione, i servizi di lavanderia e l'acquisto di arredamenti per il centro. Procedimento che si concluse nel nulla per l'impossibilità di utilizzare le prove raccolte in seguito alla mancata richiesta di proroga delle indagini, con il giudice per le udienze preliminari che respinse poi la richiesta del pubblico ministero Antonino Nicastro di rinvio a giudizio per gli imputati. In questi giorni, inoltre, è finito sotto la lente degli inquirenti anche il nuovo presidente del consorzio, l'avvocato siracusano Emanuele Midolo, condannato per falso in atto pubblico legato alla sua attività a novembre. Del relativo patteggiamento, però, nessuno sapeva niente.
Brindisi, Trapani e Gorizia sono invece le città i cui centri sono gestiti dalla Connecting People, che – come riferito da Maurizio Bongiovanni – si pone l'obiettivo di modificare in parte il sistema di speculazione sui migranti attraverso una serie di pratiche (la realizzazione di un fondo per le politiche sociali per quei territorio dove sono previsti i centri o la creazione di "attività di promozione della legalità e della cittadinanza" all'interno dei centri) che però non intaccano in alcun modo la questione di fondo, e cioè che i migranti siano diventati un vero e proprio business da sfruttare, basti considerare i tanti ricorsi al Tar fatti da chi perde le gare d'appalto le quali, grazie alla perenne "emergenza", vengono realizzate in parziale deroga alla legge vigente in merito. Si «specula allegramente sulle disgrazie della gente», appunto.
E poi c'è la macchina delle espulsioni, quella che aveva fatto scalpore qualche mese fa, quando ad aprile di quest'anno è stato reso noto il modo in cui i rimpatri vengono effettuati. 600 agenti addestrati il cui compito è quello di scortare i migranti espulsi verso il paese di origine. Meno di quattromila persone – dice il dossier Caritas Migrantes 2011 - per una spesa complessiva di quasi dieci milioni arrivati dall'Europa attraverso lo specifico Fondo rimpatri, ai quali si aggiungono i 43,9 milioni di euro che il Parlamento Europeo ha stanziato a settembre dello scorso anno per i Paesi maggiormente esposti all'"emergenza" migratoria. Di questi, 24 milioni sono stati destinati alla voce "pattugliamento marittimo" di Frontex – l'agenzia per il pattugliamento delle frontiere esterne dell'Unione Europea le cui missioni sono (stra)pagate dai cittadini europei - che organizza anche i viaggi aerei, per i quali almno in Italia vengono utilizzati cinque biglietti aerei: uno per il migrante, due per ogni agente utilizzato come scorta.
Perché anche se nessuno lo dice, anche respingere i migranti – e quello che rappresentano – "ce lo chiede l'Europa".
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[2 di 4:Denied Access. L'Internazionale dell'espulsione]
[1 di 4: Fortezza Europa, viaggio sull'invalicabile confine sud]
(foto: owni.eu)
Andrea Intonti [http://senorbabylon.blogspot.it/]