De André, quindici anni dopo:" quel che resta di un cantautore"
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FIRENZE, 07 MARZO 2014 - Il 18 febbraio avrebbe compiuto 74 anni. E in questa stessa data, che coincideva con la prima serata del festival di Sanremo, un emozionato Luciano Ligabue è salito sul palco e gli ha reso omaggio intonando una delle sue canzoni più famose: Crêuza de mä.
Sono passati quindici anni dalla morte di una delle voci più controcorrenti ma indubbiamente più interessanti della canzone italiana, quella di Fabrizio De André. Nato da una famiglia borghese ha sempre rifiutato di appartenere a quel mondo, preferendo avvicinarsi a ciò che di più lontano c'era da esso. Da qui la scelta di affrontare temi come l'omosessualità in Andrea, la prostituzione in Via del campo, la lotta interiore del travestito di Prinçesa, la devastazione della droga ne Il cantico dei drogati, fino ad arrivare alla morte suicida de La canzone di Marinella.
[MORE]E questo solo per citare alcuni dei capolavori di un cantautore che non amava essere definito tale, ma che si considerava piuttosto una sorta di “voce del popolo”, in particolare di quella parte dell'umanità emarginata e relegata ai margini della società. De André è stato senza alcun dubbio un innovatore, uno che ha rischiato a tal punto di scegliere di scrivere canzoni in dialetto: il genovese della sua terra natale e il sardo della sua terra d'adozione, che lo vide addirittura vittima di un sequestro insieme alla moglie Dori Ghezzi, ma che lui riuscì a perdonare a tal punto di scrivere una canzone su quella tragica vicenda: Hotel Supramonte, una struggente poesia che narra dei lunghi e duri giorni di prigionia.
Canzoni dunque che possono essere lette come delle vere e proprie poesie, che seguono una precisa metrica, un'accurata struttura linguistica, che non lasciano insomma niente al caso. Fabrizio De André ha lasciato un'enorme eredità: i suoi testi, che a distanza di anni sono ancora di un'estrema attualità e la sua inconfondibile personalità di “poeta anarchico” capace di arrivare al cuore delle persone.
E per un attimo, chiudendo gli occhi, e ascoltando il figlio Cristiano, sempre sul palco di Sanremo, cantare la struggente Verranno a chiederti il nostro amore, credo che in molti abbiano avuto la sensazione che a cantare fosse proprio l'indimenticabile Faber. Perché anche se lui non è più tra noi, le sue parole invece sono sempre qui e non c'è niente di più bello che riascoltarle. Ancora e ancora... continuando a viaggiare “in direzione ostinata e contraria”.
Giulia Calvaresi