Danzica, ucciso il sindaco. Per i media è un delitto politico
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DANZICA, 15 GENNAIO 2019 - Pawel Adamowicz, il sindaco di Danzica, è morto a 53 anni dopo essere stato pugnalato mentre parlava da un palco a una piazza gremita per una serata di beneficenza organizzato dalla Ong «Wosp», che raccoglie fondi per reparti di pediatria e organizza corsi di pronto soccorso. Pawel è stato ferito a morte da un 27enne che si chiama Stefan, che aveva smesso di assumere i farmaci per i suoi disturbi psichici, e che accusava l’opposizione liberale di averlo «torturato» con un’incarcerazione ingiusta da cui era uscito da qualche settimana. L’aggressore ha afferrato il microfono dopo aver lasciato il sindaco in una pozza di sangue e rivolgendosi alla folla ha detto: «Adamowicz è morto». Si sarebbe trattato solo di poche ore, il pugnale di 15 centimetri ha raggiunto il cuore e lesionato gli organi interni.
La Gazeta Wyborcza è stata la prima testata a parlare di "delitto politico", maturato nel "clima di odio e di ostilità" che segna la politica polacca di oggi. La responsabilità pesa su chi sta al potere, è il commento della stampa nazionale. Si tratta dell’omicidio di uno dei politici più popolari al momento in Polonia e che portava avanti politiche di solidarietà per una città aperta, contro la chiusura del governo polacco.
Come racconta Il Corriere della Sera, Pawel Adamowicz era una figura di riferimento dell’opposizione liberale, capofila dei sindaci progressisti in un paese che non sa ricomporre la frattura culturale tra centro e periferia e che vive una lacerazione profonda da quando, nel 2015, sono tornati al governo i nazionalpopulisti di Jaroslaw Kaczynski: il partito Diritto e giustizia ha avviato una serie di riforme radicali che hanno rafforzato l’esecutivo, perseguito il dissenso e isolato la Polonia sulla scena internazionale.
Adamowicz è stato rieletto nel 2018 con il 65% dei voti per il suo sesto mandato consecutivo. Dal 1998 è primo cittadino della città dove la Polonia cominciò a sognare con Lech Walesa in piedi su un muro di mattoni a sfidare il potere. Adamowicz fin dal liceo è stato un attivista, prima unendosi a Solidarnosc, il primo sindacato libero del blocco comunista e partecipando alla distribuzione di volantini e stampa clandestina.
Adamowicz era sposato con Magdalena e aveva due figlie Antonina e Teresa. Tolleranza e diritti delle minoranze sono stati sempre i pilastri della sua azione di governo e si è schierato apertamente con la comunità Lgbt del paese. Nel 2015 era uscito dal partito liberale Piattaforma civica, per ricandidarsi da indipendente. «La responsabilità di quanto è accaduto è della politica» dice il Nobel Lech Walesa. Adamowicz si definiva un fervente europeo e nel panorama dello scontro sull’accoglienza all'interno dell'unione europea invitava i migranti nella sua città: «Danzica è un porto, sarà sempre un rifugio per chi arriva dal mare».
Dall’Europa si sono levate le voci di molti politici, a partire dal presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani: "Sta riemergendo un clima di odio in troppe dichiarazioni e in troppe polemiche politiche in molti paesi della nostra Unione europea. Dobbiamo tornare ad avere un linguaggio diverso. L'odio non è un valore compatibile con l'Unione europea". L'appello esplicito è ad "abbassare i toni". Anche Donald Tusk rimpiange "un uomo di solidarietà e libertà, un europeo e un buon amico". E dall’Italia la più ferma condanna della violenza arriva sia dal ministro Matteo Salvini sia dal Movimento 5 Stelle: "Questo episodio dimostra che bisogna tenere alta la guardia in tutta Europa contro ogni fanatismo", per la delegazione del Movimento al parlamento europeo.
Fonte immagine Il Post