Dal Sud, i SUD SOUND SYSTEM approdano su Twitter: rivolta anti-smog sia!
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TARANTO, 31 GEN. 2012 - Si riparte da qui. Si rinasce con i social network per denunciare ancora il problema inquinamento. Questa volta sono i Sud Sound System ad alzare la voce twittando con fermezza la storia di Taranto legata al disastro ambientale.
«Taranto è stata la capitale della Magna Grecia: no, dico, se ne rende conto? Storia, politica e cultura. Oggi, invece, solo rassegnazione. È tutta colpa della diossina ‘ntra la capo». Nandu Popu, al secolo Nando Blasi, leader dei Sud Sound System, sta seguendo da vicino gli esiti della perizia disposta dal gip Patrizia Todisco sulle emissioni dello stabilimento siderurgico Ilva. È proprio su Twitter che nasce l'intervista dove il gruppo salentino non ha peli sulla lingua:
Ma da dove nasce l’interesse per l’ambiente dei Sud Sound System (Don Rico, Terron Fabio, GGD, Papa Gianni, oltre a Nandu Popu)? «Venti anni fa cantavamo «Salentu, lu sole, lu mare, lu ientu». Poi ci siamo accorti che l’aria stava peggiorando, puzzava. Vedevamo lingue gialle di fumo all’orizzonte (ossia diossina e zolfo), insomma la nostra terra era malata. Taranto era una città rassegnata: tutti aspiravano a un posto di lavoro all’Ilva per poi morire a causa dell’inquinamento; e per giunta quel posto di lavoro lo lasciavano ai propri figli rinunciando alla pensione. Roba da schiavi. Ma gli schiavi a volte si ribellano e Taranto lo sta facendo, tanto che il patron, il presidente e due dirigenti dell’Ilva ora sono indagati tra l’altro per disastro ambientale. Una cosa inimmaginabile fino a 5-6 anni fa».
Che cosa si può fare, ora? «Giocare in contropiede. A me l’idea non piace molto ma a questo punto bisogna fare come Marghera, pretendere che l’Ilva risarcisca le famiglie che hanno avuto morti di lavoro e di tumore, che dia soldi alle Asl che si sono sobbarcate spese in più per curare i tanti malati di inquinamento. Poi si può non essere d’accordo, ma è uno strumento che va usato perché deve passare il concetto che chi rompe, paga, che non c’è più alcuna forma di impunità».
Ma perché i tarantini non si ribellano? «L’ho già detto, colpa della diossina nella testa. Per 30-40 anni ci hanno insegnato nelle scuole, e glielo dico io che ho fatto il tecnico industriale, che lo sciopero era una infamia, che i sindacati erano una merda, che l’unica cosa che contava era la fabbrica. Queste cose un cantante le deve dire? Quando passiamo da Taranto per andare in Calabria, vediamo il guard rail rosso, l’asfalto rosso, i muri rossi: sono tutti tumori, sono tutti segnali che devono portarci alla ribellione. Ora basta.»
Sarà che molti tarantini hanno la diossina nella testa. Sarà che ormai il pensiero di non farcela continua a crescere, ma c'è sempre la denuncia. Denunciare in tutti i modi il problema. Che ciò avvenga con le parole, con la musica, con l'arte o con le manifestazioni non importa. Continuare a denunciare è l'unica via d'uscita. Prima o poi qualcuno ascolterà l'allarme di un'uscita di emergenza che continua a suonare da anni.
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