Continuano i decessi dopo assunzione della RU486 per scopi abortivi
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ANCONA, 11 APRILE 2014 - Sono sempre più numerosi gli interrogativi in merito alla sicurezza della pillola RU486. Aumentano, infatti, i casi di decesso delle donne dopo aver abortito in seguito alla somministrazione di tale compressa. Sale a 39 il numero dei casi di decesso tra cui 12 hanno assunto lo stesso farmaco non per scopi abortivi, ma per uso compassionevole. A questi, inoltre, sarebbe da aggiungere il caso italiano sul quale però si sta ancora indagando. Una donna di 37 anni, A. M., è infatti morta Mercoledì sera all'ospedale Martini di Torino alla quale le era stata somministrata la seconda parte dei farmaci previsti per l'aborto farmacologico: l'RU486 e altre sostanze che provocano contrazioni uterine e favoriscono l'interruzione di gravidanza. Dopo un primo tentativo di far ripartire il cuore e dopo il ricovero in rianimazione, la donna è morta nella serata. Si attendono ora i risultati dell'autopsia.
Tra le donne decedute in seguito all’assunzione del farmaco, 14 sono morte negli Usa, una in Canada, una in Portogallo, sei in Gran Bretagna, due in Francia, una in Svezia, una a Taiwan e un’altra in Australia. A Luglio dello scorso anno risale l’ultimo caso ufficiale segnalato. Una donna sarebbe morta nel 2010 in Gran Bretagna. Dopo l’assunzione di tale pillola la donna sarebbe deceduta a causa di un’infezione da Clostridium Septicum, un batterio potenzialmente letale. Non risulta l’unica ad aver riscontrato un’infezione letale a seguito dell’ assunzione del farmaco. Altre nove della lista sono morte per Clostridum Sordellii, un’altra per Clostridum Perfringes e un’altra ancora per streptococco, tutti microrganismi altamente pericolosi.
Nei dati riportati dalla Food and Drugs administration (Fda), agenzia che vigila sul corretto utilizzo dei farmaci, è riportato che su 1.520.000 aborti eseguiti con il metodo farmacologico 14 donne sono decedute. La morte sarebbe il più grave degli effetti collaterali, si potrebbe dire, e anche se ancora si cerca di capirne bene il legame tra il decesso e l’assunzione del farmaco, ciò che è chiaro è che non si discute sul fatto che diverse donne abbiano riportato effetti collaterali più o meno gravi: 336 emorragie, 256 infezioni (di cui 48 gravi), 612 ricoveri d’urgenza in ospedale e 2207 donne che hanno riportato effetti nocivi in generale.
E’ soggetta a polemica la questione della somministrazione del farmaco Ru486, in particolar modo nel nostro Paese. In Italia, nel 2007, l’Emea, ente europeo per il controllo dei farmaci, ha approvato la RU486, sottolineandone la sicurezza. Anche l’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, ha espresso un parere positivo e nel Luglio 2009 ne ha autorizzato l’uso.
In un articolo del «New England Journal of Medicine», è emerso che la mortalità per aborto farmacologico risulterebbe superiore a quella con il metodo chirurgico per aborti effettuati nello stesso periodo di gestazione. Nonostante questo si continua a pensare che la RU486 sia sicura e, dunque, per la comunità scientifica e le autorità regolatorie non si pone alcun problema. Se è vero che molti di loro ritengono che tra l’assunzione del farmaco e la morte per infezione sia del tutto casuale e non correlata, allora perché è ancora acceso il dibattito sulla possibilità di combinare alla Ru486 un trattamento antibiotico per evitare rischi di infezioni?
Continuano però le contraddizioni ed accese sono le discussioni tra i detrattori della RU486 ed i sostenitori dell’utilizzo del farmaco. I primi sostengono che i dati sulle morti, così come quelli sugli effetti collaterali, giustificherebbero il divieto di utilizzo della pillola, i secondi ribadiscono, invece, la sua sicurezza, in quanto in tutto questo tempo le complicanze gravi sono state rarissime e addirittura inferiori a quelle che seguono un qualsiasi intervento chirurgico.
(Fonte la Stampa)
Elisa Signoretti