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MILANO, 23 MAGGIO 2013 – «Il Nord è sull'orlo di un baratro che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro di mezzo secolo», non usa perifrasi il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi nella sua relazione all'assemblea annuale, che prosegue puntualizzando che: «Per tornare al nord trainante, le vie sono quelle che abbiamo detto: credito, fisco, giustizia, semplificazione, infrastrutture, uno stato amico».
Per il numero uno di Confindustria, «La mancanza del lavoro è la madre di ogni male sociale. Una situazione, questa, che va affrontata in maniera strutturale e con equilibrio, intervenendo sul costo, sulla produttività, sulle regole. Da paese manifatturiero non possiamo permetterci la differenza di competitività rispetto ai nostri concorrenti. In Italia da anni il costo del lavoro sale, in Germania scende. Le nostre imprese pagano di più, i nostri lavoratori guadagnano di meno».
Squinzi, ha ribadito il bisogno urgente di ridurre il cuneo fiscale che «nel 2012 è stato oltre il 53% del costo del lavoro, tra i più elevati dell'area Ocse. Bisogna ridurre questo cuneo, eliminando il costo del lavoro dalla base imponibile Irap e tagliando di almeno 11 punti gli oneri sociali che gravano sulle imprese manifatturiere». Poi il presidente di Confindustria lancia un appello al governo Letta, affinché si dia il via ad una stagione di cambiamento. Tuttavia, per fare ciò, occorre che il governo ponga come «pilastro portante la politica industriale. L'azione di governo deve avere come pilastro portante delle proprie scelte la politica industriale. Perché produrre significa lavoro, lavoro significa meno precarietà, migliori tutele, crescita dei salari e della domanda interna». [MORE]
Per Squinzi: «L'obiettivo deve ora essere uno solo: tornare a crescere. Per tornare a produrre più benessere l'Italia, deve fare leva sulla sua risorsa più importante: la vocazione industriale in tutte le sue declinazioni''. I numeri parlano chiaro e offrono un quadro inquietante per noi imprese, per le famiglie, per i nostri giovani. L'occupazione è diminuita pericolosamente, crollata tra i più giovani. I disoccupati sfiorano i tre milioni e, a onor del vero non è tutta colpa della crisi. Dal 1997 al 2007 il tasso di crescita dell'economia italiana e' stato mediamente inferiore di circa un punto percentuale l'anno a quello dei Paesi dell'area euro».
Poi, il leader degli industriali passa in rassegna i punti caldi, a partire dal Fisco: «I mali fiscali restano intatti. Abbiamo un fisco punitivo e di intensità unica al mondo che scoraggia gli investimenti e la crescita. Esattamente il contrario di quello che dovrebbe fare. Ma non è nemmeno quello il problema più grave perché il fisco italiano è opaco, complicato, e incerto nella norma. Per anni abbiamo sentito promesse: il carico fiscale sarebbe stato alleviato, le regole semplificate, il rapporto fisco-imprese reso più trasparente e certo. Nulla di tutto ciò è accaduto»
E ancora: «Il fisco italiano sembra dire agli imprenditori che crescere non conviene, perché al crescere delle dimensioni aumentano gli oneri amministrativi, fiscali e previdenziali, sollecitando un intervento dell'esecutivo nonostante gli stretti margini di manovra lasciati dalla situazione di finanza pubblica. "Molte cose si possono comunque fare: il peso fiscale può essere riequilibrato e non deve essere usato contro chi produce: imprese e lavoratori».
In merito al mercato del lavoro, per Squinzi «è troppo vischioso e inefficiente. Occorre garantire più flessibilità in ingresso e nell'età del pensionamento, per favorire il ricambio generazionale. È positivo che il Governo abbia dichiarato di voler intervenire e prendere seriamente in considerazione le ragioni delle parti sociali. Questo è il modo corretto per evitare che si ripetano situazioni analoghe al caso degli esodati. Se questo sarà il Governo della crescita, noi lo sosterremo con tutte le nostre forze assicurarlo il presidente di Confindustria. Se per qualche ragione il nostro credito venisse usato per altri fini, chi ci governa sappia che il rapporto con gli imprenditori sarà compromesso irreparabilmente».
Il presidente di Confindustria passa poi alle necessità di apportare delle riforme. «La modernizzazione e le riforme, a cominciare da quella della legge elettorale, non sono più rinviabili. E in particolare sulla legge elettorale, ne serve una che assicuri legislature piene e stabilità governativa».
Infine, Squinzi rivolge un tributo al Presidente della Repubblica: «Per trovare una via d'uscita si è ricorsi ancora una volta alla saggezza del Presidente Napolitano, alla cui dedizione istituzionale va il nostro applauso più grande. Alla sua disponibilità tutti noi dobbiamo una riconoscenza particolare».
Prima del presidente Confindustria, aveva preso la parola il presidente del Consiglio Enrico Letta: «Il fatto di essere qui è il segno che siamo dalla stessa parte nel fronteggiare e risolvere questioni come la sburocratizzazione e l'eccesso di carico fiscale. Il premier ha sottolineato che la sua presenza può anche essere considerata il segno che la politica ha capito la crisi sebbene con ritardo, e proprio la politica deve dare l'esempio. Bisogna essere credibili, austeri e incisivi nel ridurre i costi: quando si chiedono sacrifici agli italiani, i primi a farli dobbiamo essere noi. Il compito è difficile, sento tante aspettative, forse troppe. Non so se ce la faremo, ma so per certo che la metteremo tutta».
È intervenuto anche il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, il quale ha puntualizzato che «rispetto a fine 2011 i prestiti alle imprese sono diminuiti di quasi 60 miliardi di euro. Una stretta creditizia senza alcun precedente. Per Zanonato contro il credit crunch occorre uno sforzo comune di banche, imprese e governo. Intanto il Mef condivide la proposta di rifinanziare e rendere piu' flessibile il Fondo centrale di garanzia».
(fonte: La Repubblica, Adnkronos)
Rosy Merola