Class Action contro Facebook: spia messaggi privati per scopi pubblicitari
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NAPOLI, 3 GENNAIO 2014 - Ormai nessun utente si sorprende quando compaiono contenuti pubblicitari "personalizzati" sulla sua "home" di Facebook e, in generale, navigando su diversi siti web. Internet, infatti, "monitora" le nostre richieste ed elabora i nostri gusti attraverso i nostri click, tanto da mostrare pubblicità che sembrano fatte a pennello sui nostri desideri in tempo reale.
Ma le ultime accuse nei confronti del social network "blu" vanno oltre ogni nostra spettativa. Secondo quanto riportato dal Financial Times, Facebook sarebbe stato accusato di "spiare" anche le conversazioni che teniamo in posta privata con i nostri amici e contatti, intercettando soprattutto i link condivisi dagli utenti (corrispondenti a un "mi piace"), per vendere gusti e bisogni agli inserzionisti, guadagnandone in pubblicità mirata ed ottenendo vantaggio competitivo sui concorrenti.
Ad essere contestato è soprattutto l'aggettivo "Privato" utilizzato da Facebook per definire il suo sistema di messaggistica interna che, a questo punto, sarebbe "privato" solo per gli utenti, ma non per algoritmi e controllo "umano" da parte dello staff che scandaglierebbero ogni giorno le nostre conversazioni private.
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Insomma quello di Facebook sarebbe un inganno, oltre che una violazione della privacy, e da questa accusa sarebbe partita una class action da parte di due suoi utenti, Matthew Campbell dell’Arizona e Michale Hurley dell’Oregon "in nome" di tutti gli utilizzatori di Facebook che negli Stati Uniti hanno inviato link nei propri messaggi privati.
La "punizione" per il social network sarebbe di 100 dollari al giorno per il periodo in cui la privacy è stata violata oppure 10mila dollari per ogni utente coinvolto. Al momento Facebook ha risposto con queste parole: "Le accuse sono prive di fondamento e ci difenderemo con forza".
Una simile questione di privacy ha "colpito" anche Gmail, il servizio di posta elettronica di Google che, da un pò di tempo, mostra agli utenti inserzioni pubblicitarie mirate, dimostrando di monitorare ogni singola mail arrivata in posta privata. Un'accusa da cui il colosso di Mountain View si è difeso affermando che a "spiare" i dati privati degli utenti è un algoritmo che ha l'unico compito di distinguere la posta normale da quella pubblicitaria e dallo spam.
Valentina D'Andrea