Cisal, riforma giustizia e concorsi pubblici: "Cambiare prima che sia troppo tardi"
Cronaca Lazio

Cisal, riforma giustizia e concorsi pubblici: "Cambiare prima che sia troppo tardi"

venerdì 24 gennaio, 2014

ROMA, 24 GENNAIO 2014 - Alla luce delle recenti dichiarazioni d’intenti - a nostro avviso del tutto inadeguate ed insufficienti - del Ministro della Giustizia Cancellieri a proposito del decreto c.d. “svuota carceri”, anche se abbiamo già avuto modo di esprimere il nostro pensiero sui possibili effetti nefasti che a breve potrebbe causare – e che in parte sta già causando – il suddetto decreto, ci pare doveroso ritornare sull’argomento.

Lo “svuota carceri”, non solo, di fatto, non produrrà gli effetti sperati e necessari per dare un’adeguata risposta alla Corte Europea di Strasburgo ma, rischia di rivelarsi una cura peggiore del male che dovrebbe debellare.

Questo in quanto, il sovraffollamento carcerario – che riguarda circa 20mila detenuti – lo ribadiamo, dovrebbe essere combattuto per mezzo di misure strutturali, quali una significativa implementazione delle misure alternative al carcere, la stipula di accordi per consentire ai condannati provenienti da alcuni Paesi di scontare le pene a casa loro, e non viceversa con provvedimenti tampone a carattere emergenziale. [MORE]

Parimenti, nel settore giudiziario, la riforma della geografia giudiziaria, ben lungi dall’aver realizzato i risparmi promessi, ha viceversa indebolito – specie in alcune zone caratterizzate da una significativa presenza della criminalità organizzata - la presenza dello Stato sul territorio. Questa pseudo riforma ha determinato un incremento dei carichi di lavoro all’interno degli uffici accorpanti in capo a personale già insufficiente nell’organico, spesso di età avanzata e che svolge da anni funzioni di livello superiore senza vedersi riconosciuti i corrispondenti livelli giuridico ed economico.

E’ di tutta evidenza che la nostra agonizzante giustizia avrebbe bisogno di cospicue risorse per bandire pubblici concorsi (unica fonte di reclutamento del personale, come ribadito di recente dalla Corte Costituzionale) ma, in sede di approvazione della legge di stabilità, si sono trovati ben 14 milioni di euro per finanziare l’adeguamento degli stipendi di Tar e Consiglio di Stato ed altro ancora, senza stanziare risorse per coprire le gravissime carenze di organico che affliggono il settore giudiziario e quello penitenziario e che possono essere colmate soltanto con l’ingresso di personale vincitore di pubblico concorso.
Alla luce di quanto su esposto, a noi della CISAL, questa non sembra la strada giusta da percorrere perché in quello che viene concretamente realizzato, non vediamo affatto quella volontà di migliorare le cose che sembrerebbe, invece, emergere dalle dichiarazioni ufficiali.

D’altronde, se vi fossero mai ancora dubbi, questi dovrebbero svanire come neve al sole, analizzando i dati –a dir poco allarmanti - comunicati dal Commissario UE al Lavoro, L. Andor.

Stando a questi numeri (e i numeri sono certezza, non dicerie interpretabili) L’Italia è il Paese europeo in cui, chi lavora, ha visto peggiorare di più la sua situazione sociale dal 2008 ad oggi, tant’è che al 12% degli Italiani che lavorano lo stipendio non basta per arrivare a fine mese (stanno peggio con un 14%, soltanto in Romania ed in Grecia, che già nel 2008 si trovavano in condizioni peggiori delle nostre). Ma non è finita (sic!) qui. L’Italia è, tra i 28 Paesi dell’Unione, quello dove chi perde il lavoro ha la più bassa probabilità di trovarne un altro nell’arco di un anno (appena il 15%).

Questi dati sono contenuti nel rapporto 2013 della U.E. su occupazione e sviluppo sociale, dove si afferma chiaramente che “… in Italia non cresce solo la disoccupazione ma anche la povertà …” . La realtà che emerge da questi dati rappresenta un terreno fertile per le grandi organizzazioni criminali che, come la storia del nostro Paese ci ha insegnato, sono abilissime a sostituirsi allo Stato nel rispondere ai bisogni dei più poveri e dei più deboli, facendo passare come favore o concessione quanto spetterebbe loro di diritto, a cominciare proprio dal lavoro.

In questo allarmante panorama, la riforma della Giustizia si pone come essenziale, perché la sua paralisi rappresenta un freno alla stessa economia, così come lo sono la corruzione e l’illegalità diffusa, il cui costo, laddove eliminato, contribuirebbe a sanare il disavanzo della spesa pubblica.

Occorre quindi una riforma della giustizia, che non può prescindere da:
• Riconoscimento per legge delle funzioni superiori realmente svolte dal personale giudiziario;
• Riconoscimento per legge del ruolo tecnico per tutto il personale amministrativo penitenziario e minorile;
• Incremento per legge delle attività del Dipartimento Minorile per fronteggiare il disagio giovanile in tutti i suoi aspetti.

Notizia segnalata da Antonello Iuliano


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