Chemioterapia mortale, sospesa l'Oncologia del Policlinico di Palermo
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PALERMO, 22 APRILE 2012 – Lo scorso dicembre Valeria Lembo, 34 anni, colpita da un tumore alla gola, moriva per uno di quei troppi casi di malasanità che caratterizzano la sanità siciliana e italiana. Durante un ciclo di chemioterapia, infatti, le vennero somministrati novanta milligrammi di Vinblastina – la quantità utilizzata dal Policlinico in un mese - invece di nove. Valeria, per quel “errore”, lasciava un bimbo di sette mesi.
Nei giorni scorsi la decisione di sospendere temporaneamente l'attività dell'unità operativa di Oncologia del Policlinico. Nel reparto mancano la qualità e la sicurezza necessarie per evitare nuovi errori, è la conclusione dell'ispezione voluta dall'assessore alla Salute Massimo Russo. Da lunedì una commissione si occuperà di gestire la situazione finché il provvedimento non verrà ritirato. Nel frattempo – mentre in molti vorrebbero l'azzeramento dei vertici del Policlinico – i pazienti verranno trasferiti in altre strutture per ricevere cure migliori.
«Facciamo appello ai livelli di responsabilità, ma anche alla sensibilità e alla coscienza di tutti coloro che hanno preso parte, con responsabilità diverse, alla sequenza che ha provocato la morte della paziente» ha detto l'assessore Russo, che – dopo essersi scusato con i parenti della donna per il silenzio - ha evidenziato anche come «al momento dell'ispezione la situazione non era cambiata. Non c'era stata nemmeno la dovuta attenzione dopo la morte della giovane donna». «È evidente» - ha concluso l'ex pubblico ministero attribuendo le colpe individuali - «che ci sono livelli di responsabilità che competono al direttore aziendale, al direttore sanitario, al capo dipartimento ed al responsabile delle unità complesse».[MORE]
«Non è formalizzato» - si legge nel decreto di sospensione - «chi è autorizzato a prescrivere, a preparare e a somministrare i farmaci antiblastici. Le prescrizioni vengono effettuate prima di vedere i pazienti, trascrivendo quanto precedentemente riportato e non vengono controfirmate dal medico strutturato». Definirla “malasanità”, insomma, sembra essere quasi riduttivo. E non è finita qui: «la preparazione è affidata al personale infermieristico, talvolta precario. Non viene effettuata una formazione specifica dal 2004. la farmacia ha un mero ruolo di distributore di medicinali senza potere verificare quali e quanti pazienti utilizzeranno i quantitativi di farmaci prescritti», conclude il decreto.
L'inchiesta della magistratura parla di omicidio colposo. Secondo le prime indagini a prescrivere la dose mortale sarebbe stata Laura Di Noto, dottoressa ufficialmente in servizio in un altro reparto, che però sostiene di aver firmato la terapia solo dopo aver verificato la correttezza delle cifre segnate nella cartella clinica da un altro medico. Indagati, inoltre, il professor Sergio Palmeri, ex primario del reparto che aveva in cura la donna e che quel giorno non c'era entrato anche nelle intercettazioni portate ai magistrati dalla stessa Di Noto, Alberto Bongiovanni, che modificò la cartella clinica il giorno successivo al decesso, riportando le cifre corrette, e Gioacchino Mancuso, studente universitario che riportò la cifra sbagliata sulla prescrizione per il giorno della seduta.
(foto: ienesiciliane.it)
Andrea Intonti