Catanzaro Nicola Gratteri: Blitz Gdf. Imprenditori vicini cosche avevano posizione dominante
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Blitz Gdf, arresti e sequestro beni per 50 milioni. Imprenditori vicini cosche avevano ottenuto posizione dominante
CATANZARO, 11 MAR - Avevano scelto la 'ndrangheta come strategia imprenditoriale, ottenendo, grazie a questo, una posizione dominante nell'esecuzione di lavori edili e forniture di calcestruzzo su Catanzaro e provincia, nonché la protezione da eventuali richieste estorsive da parte di altri gruppi criminali. E' lo scenario che emerge, secondo la Dda di Catanzaro, dall'inchiesta "Coccodrillo" condotta dalla Guardia di finanza, che stamani ha portato a sette arresti - uno in carcere e sei ai domiciliari - a tre misure interdittive ed al sequestro preventivo di beni per un valore di 50 milioni di euro.
Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio, favoreggiamento reale ed estorsione. Dall'indagine, condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-Finanziaria-Gico di Catanzaro, sono emersi, secondo l'accusa, gravi indizi a carico degli imprenditori catanzaresi Antonio, Giuseppe e Daniele Lobello che grazie ad un sistema di società, formalmente intestate a terzi ma tuttavia gestite dagli stessi, avrebbero cercato di sottrarre il proprio patrimonio a possibili sequestri dopo che, tra l'altro, alcune loro società sono state attinte da interdittive antimafia emesse dalla Prefettura di Catanzaro. Sequestro, invece, giunto oggi.
Dalle investigazioni dei finanzieri, che si sono avvalse di intercettazioni e delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, sarebbe emerso un legame mantenuto nel tempo dalla famiglia Lobello con il clan Mazzagatti di Oppido Mamertina (Reggio Calabria), ma anche il rapporto con il clan Arena di Isola Capo Rizzuto e altre cosche del crotonese, tra cui quella riconducibile a Nicolino Grande Aracri. Giuseppe Lobello, a cui viene contestato anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, in particolare, secondo gli investigatori, era colui che, per conto degli Arena, svolgeva la funzione di collettore delle estorsioni imposte ai suoi colleghi che avevano aperto cantieri edili del catanzarese.
Ai domiciliari sono finiti, invece, Antonio e Daniele Lobello, rispettivamente padre e fratello di Giuseppe, oltre a quattro soggetti, tra dipendenti del Gruppo Lobello e intestatari fittizi delle società. Dalle indagini è emerso, anche, un episodio di estorsione nei confronti di un lavoratore costretto ad auto licenziarsi contro la sua volontà da una società fittiziamente intestata a un prestanome, per incomprensioni sorte sul luogo di lavoro con i familiari di Giuseppe Lobello.
L'indagine, è stato il commento del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, "vede coinvolto il mondo delle imprese che si relazionano in modo diretto con famiglie di 'ndrangheta; decine di imprese che noi inseguiamo mentre loro mutano pelle nel corso degli anni per non farsi raggiungere sul piano delle misure di prevenzione, sul piano delle interdittive antimafia e poi sul piano penale. Ma stavolta la Guardia di finanza è stata più brava e più veloce". (Ansa)