Caso Pistorius: la corsa più dura. Omicidio colposo per il delitto di San Valentino
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21 OTTOBRE 2014 - Cinque anni di carcere, questa è la pena inflitta ad Oscar Pistorius, famoso atleta paralimpico sudafricano, con l'accusa di omicidio colposo, per aver ucciso, il 14 febbraio del 2013, con quattro colpi di pistola, la modella e fidanzata Reeva Steenkamp, trent' anni, anch'ella sudafricana. Negata qualsiasi misura cautelare premiale, ma nel caso di buona condotta per i primi dieci mesi in carcere, il resto della pena (gli ulteriori quattro anni di carcere) potrebbe trasformarsi in arresti domiciliari, che il campione paralimpico sconterebbe nella casa dello zio Arnold. La sentenza è stata annunciata, dopo la lettura delle motivazioni, dal giudice Thokozile Masipa. Subito dopo l'imputato è stato tradotto nel Kgosi Mampuru Correctional Services, struttura che con molta probabilità sarà il carcere di destinazione del giovane.[MORE]
Delitto di San Valentino: Pistorius spara e uccide la fidanzata Reeva Steenkamp
Il giudice: "La decisione è mia e solo mia"
"Giudicare le persone non è una scienza esatta", ha affermato la giudice Masipa, ben conscia di avere i riflettori del mondo su di sé, data la rilevanza del personaggio da processare, ribadendo di aver cercato, per quanto possibile, di emettere una sentenza equa sia nei confronti della società, sia dell'accusato. La gravità del reato la violenza della modalità, sono elementi che stridevano fortemente con la concessione di misure di detenzione particolareggiate. Ciò - come ribadisce la giudice - avrebbe dato un'immagine errata del sistema giudiziario sudafricano, dando modo di credere che l'applicazione della legge sia diversa a seconda del grado di notorietà del condannato. Sono state comunque valutate attentamente ed applicate tutte le circostanze attenuanti ed aggravanti del caso. Non manca di manifestare inoltre il disagio che ha avvertito nell'interrogare i testimoni, i quali tutti hanno posto l'accento sulla disabilità dell'atleta. Una vulnerabilità che è sì evidente, ma alla quale lo stesso Pistorius, nel corso della sua carriera, ha saputo tener testa, come dimostrano i suoi crescenti risultati e le sempre maggiori sfide, avendo gareggiato anche con atleti normodotati. Senza contare che l'istituto in cui sarà recluso ospita già un numero considerevole di detenuti disabili.
Il caso: la bella e la "bestia"
La vicenda ebbe immediatamente un'eco mediatica che ha ben pochi eguali nella cronaca dei giorni nostri. Pistorius era col tempo diventato un campione, il simbolo di come sia possibile ottenere tutto ciò che si vuole, se nel farlo ci si impegna a fondo. Ed i risultati, ampiamente meritati, sono arrivati: dal podio alle Paralimpiadi di Atene per il bronzo nei 100 e l'oro nei 200 metri piani, quando aveva solo diciassette anni, all'ammissione a gareggiare con i normodotati per le Olimpiadi di Pechino 2008 (anche se non riesce a qualificarsi, e deve "accontentarsi" dei tre ori alle Paralimpiadi, nei 100, 200 e 400 metri piani), fino alla qualificazione alle Olimpiadi di Londra 2012. Ma fuori dalla pista le cose erano ben diverse. All'indomani del fatto, i giornali sudafricani iniziarono a scavare nel passato del giovane, scoprendo un'indole violenta e collerica, come ammise in varie occasioni la sua ex fidanzata, Samantha Taylor. Nel corso delle indagini si è scoperta inoltre la forte gelosia che manifestava l'atleta nei confronti della sua attuale compagna, la modella Reeva Steenkamp.
I genitori della ragazza: «Siamo contenti»
In aula, oltre all'imputato, erano presenti la madre di lui ed i genitori della vittima. Tutti hanno accolto la lettura della sentenza con compostezza e dignità, in religioso silenzio, per poi commentare in seguito. Il padre di Reeva si è detto contento di questa sentenza, ed ha fatto sapere che la famiglia non ricorrerà in appello. L'accusa aveva chiesto dieci anni, dopo che era caduta, nel corso del procedimento, l'imputazione per omicidio premeditato, per la quale la pena avrebbe potuto raggiungere anche l'ergastolo.
L'omicidio di Reeva Steenkamp
Fin da subito le dichiarazioni, sovente contraddittorie, dell'atleta hanno dato adito a più di un sospetto da parte degli investigatori: Pistorius sosteneva di aver creduto di avere a che fare con dei ladri, nascosti nel bagno, e che non riuscendo ad aprirne la porta ha sparato, per difendere se stesso e la fidanzata. Prendendo visione della scena del crimine, c'è da ritenere che la persona nel bagno non potesse avere via di fuga qualora Pistorius avesse chiamato il 911 attendendo l'arrivo delle forze dell'ordine, pur mantenendo l'arma in mano in caso di necessità. Le testimonianze dei vicini parlavano di una lite violenta, urla e spari, ma la dinamica dei fatti, secondo la difesa, contrasta le asserzioni dei testimoni, in quanto l'efferatezza dell'esecuzione non avrebbe dato modo alla vittima di emettere alcun suono. Questa osservazione della difesa ha portato a considerare come non attendibili due dei testimoni dell'accusa. Ed ecco il responso del Giudice, che nella sentenza afferma come, pur prendendo in considerazione che Pistorius pensasse che nel bagno vi fosse un intruso, la condotta del'atleta sarebe stata negligente, affrettata, con un uso della forza giudicato eccessivo. Non è stato però possibile dimostrare la premeditazione, data l'incertezza della ricostruzione di una vicenda in cui l'unico presente è proprio l'autore del fatto, che la stessa Masipa ha definito "evasive witness", un testimone ambiguo. Disattesa anche l'aspettativa della difesa, che sperava nell'affidamento ai servizi sociali. Nella motivazione della sentenza si legge che l'accusato era addestrato a sparare (è ben nota la sua passione per le armi da fuoco, che deteneva regolarmente in casa) e che ha esploso verso il bagno (definito "un cubicolo") non uno, ma bensì quattro colpi di pistola. Chiunque ci fosse stato dietro la porta, non avrebbe avuto via di scampo.
(fonte immagine: www.quotidiano.net)
Giuseppe Puppo