Cardiochirurgia mini invasiva introdotta  al S. Anna Hospital di Catanzaro
Salute Calabria

Cardiochirurgia mini invasiva introdotta al S. Anna Hospital di Catanzaro

sabato 19 febbraio, 2011

CATANZARO 19 FEB. 2011 - CARDIOCHIRURGIA MINI INVASIVA: INTRODOTTE AL S. ANNA HOSPITAL NUOVE E PIÙ SOFISTICATE METODICHE. SI AMPLIA LA PLATEA DEI MALATI OPERABILI
La cardiochirurgia mini invasiva è una metodica che consente di eseguire un’operazione al cuore senza aprire lo sterno ma attraverso un’incisione di pochi centimetri sul lato destro del torace, dunque con un trauma [MORE]chirurgico ridotto al minimo. Essa è particolarmente indicata nella cura dei problemi valvolari che possono essere curati o con la sostituzione della valvola o con la sua ricostruzione. A meno di un anno dall’introduzione al S. Anna Hospital della mini invasiva, la sua applicazione fa segnare un significativo passo in avanti: si riducono ulteriormente le dimensioni già piccole dell’incisione ma soprattutto si amplia la platea di pazienti che possono ricevere questo tipo di intervento. Entrambi gli obiettivi si raggiungono grazie al cosiddetto “clampaggio” interno dell’aorta, una complessa procedura utilizzata nel sud Italia solo al S. Anna e in pochissimi altri centri a livello nazionale.

“Per clampaggio – spiega il dottor Alfonso Agnino cardiochirurgo responsabile dell’ equipe della chirurgia mini invasiva – si intende la chiusura dell’aorta, l’arteria più importante del nostro corpo, necessario per poter eseguire l’intervento. Tale gesto normalmente viene effettuato con uno strumento all’esterno dell’ arteria imponendo un’incisione più ampia. La novità che abbiamo introdotto e che peraltro era tra gli obiettivi prefissati un anno fa, è l’utilizzo di un sistema che agisce dall’ interno. Il sistema, definito HeartPort, consiste nel far passare attraverso l’arteria femorale un catetere che arriva in aorta ascendente, cioè vicino al cuore e , attraverso di esso, far salire una sonda dotata di palloncino. Arrivati in aorta ascendente, il palloncino viene gonfiato determinandone l’occlusione interna. Il tutto è realizzato e monitorizzato attraverso l’ Ecocardiogramma trans-esofageo. In questo modo, l’intervento di mini invasiva necessiterà di un’incisione di appena 4-5 centimetri anche se il nostro obiettivo è arrivare a 2, massimo 3. Inoltre – spiega ancora Agnino – il palloncino consente anche di fare la cardioplegia, ossia iniettare nelle coronarie quella sostanza che serve a fermare e proteggere il cuore durante l’ intervento stesso”.

L’introduzione del clampaggio interno, oltre a ridurre ulteriormente l’invasività cardiochirurgica, la rende praticabile anche su tutti quei pazienti nei quali in generale è più rischioso effettuare clampaggi esterni come quelli già operati al cuore che necessitano di un reintervento. Il loro numero è in costante aumento a causa dell’allungamento della vita media. Si tratta di pazienti ad alto rischio in quanto presentano delle “aderenze”, ossia connessioni anomale tra i tessuti che si hanno normalmente dopo un qualunque intervento, e che rendono molto più complesso e pericoloso un ulteriore gesto chirurgico. Poter evitare di ripercorrere la stessa strada seguita durante il primo intervento permette di ridurre, in maniera significativa, il rischio di lesione durante lo sbrigliamento di queste aderenze ed il sistema HeartPort permette tutto questo.

Fondamentale come sempre, e a maggior ragione nella mini invasiva, l’approccio integrato tra i vari elementi dell’equipe divenuto una costante del S. Anna Hospital in ragione della complessità e della sofisticatezza degli interventi che vengono effettuati nel centro regionale di alta specialità del cuore. “Introdurre e monitorizzare costantemente ed in maniera corretta la posizione di questo palloncino – spiegano il dr. Bruno Madaffari, anestesista e il dr. Andrea Albertini, perfusionista – è vitale e tali controlli possono essere effettuati solo con apparecchiature di ultima generazione”. In conclusione, puntualizza il dr. Agnino, “l’introduzione in cardiochirurgia di tale metodica permette di poter offrire al paziente la migliore soluzione al suo problema”.

Marcello Barillà


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