Calabria. Bancarotta fraudolenta e reati tributari, tre arresti sequestrati beni per oltre 5 mln
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Bancarotta fraudolenta e reati tributari, tre arresti
Operazione Gdf Reggio Calabria, sequestrati beni per oltre 5 mln
REGGIO CALABRIA, 16 LUG - Tre persone sono state arrestate dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria che hanno anche sequestrato le quote e il patrimonio aziendale di 3 società operanti a Reggio nel settore della distribuzione e disponibilità economiche e patrimoniali di sei indagati per oltre 5 milioni.
I reati contestati sono bancarotta fraudolenta aggravata, estorsione aggravata, omessa dichiarazione, occultamento o distruzione di documenti contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dell'aggiunto Gerardo Dominijanni e del pm Andrea Sodani, il gip Diletta Gobbo ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari per due cugini reggini, Antonio Cotugno e Antonio Carlo Cotugno di 51 e 45 anni, e per una cittadina messicana di 49 anni, Fabiola Veronica Martinez Islas. Le società sequestrate sono la "C.S.S. srl", la "Distribuzione 2.0 srl" e la "A.S. Trade srl".
Condotta dai finanzieri guidati dal colonnello Maurizio Cintura, dal maggiore Nunzio Difonzo e dal capitano Flavia Ndriollari, l'operazione "Great failure" ha consentito ai pm di accertare che gli arrestati, in concorso con altri soggetti e secondo un modus operandi ben definito, avrebbero omesso sistematicamente di onorare i propri debiti nei confronti dei creditori, dei lavoratori e dell'erario, attraverso società "schermo".
Le aziende, aventi simile oggetto sociale e facenti capo agli indagati, erano intestate a prestanome, spesso reclutati tra i dipendenti. Per l'accusa, i responsabili, onoravano i debiti solo inizialmente e si tutelavano dalle azioni creditorie attraverso contratti simulati che consentivano di occultare la reale proprietà dei beni. Una volta fatte fallire le società, ne costituivano di nuove in continuità con le precedenti.
Nelle nuove aziende, che avevano stesso oggetto sociale, stesse sedi e stessi dipendenti, gli indagati facevano confluire le risorse patrimoniali fraudolentemente nascoste con le vecchie società. Inoltre avrebbero costretto i dipendenti a ricevere una retribuzione inferiore rispetto a quella in busta paga dietro implicita minaccia di licenziamento.