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BARCELLONA POZZO DI GOTTO - Viterbo. Giorno 12 febbraio 2004. Il cadavere di un uomo viene ritrovato riverso sul letto della sua abitazione, senza vita. A terra macchie vistose di sangue ed una siringa. Sul polso sinistro due fori, compatibili con un'iniezione, e dalle analisi, tracce di eroina e barbiturici nel sangue. Quella mattina viene ritrovato il corpo di un giovane urologo siciliano, tale Attilio Manca. La storia sembrerebbe scritta: morte per overdose, ipotizzano gli inquirenti. Attilio si sarebbe tolto la vita assumendo un cocktail letale di droghe e tranquillanti. La procura di Viterbo archivierà il caso, accertando il suicidio.
[MORE]Ma, forse, è l'ennesimo caso tutto italiano, intreccio di storie neppur lontanamente simili, ma che il destino ha voluto incrociare. O forse colpa delle conoscenze, che lo coinvolgono in un circolo vizioso più grande di lui e che non faceva per lui, giovane studioso da tutti considerato un bravo ragazzo. Attilio, nei giorni prima di morire, appare agli amici nervoso: "Se non fossi medico, non mi troverei in questa situazione", afferma. Quale situazione?
Servizio Pubblico di Michele Santoro, nel febbraio 2014, mostra le immagini del cadavere del medico barcellonese. Quel corpo senza vita dice tanto, aggiunge molto altro. Attilio era un ragazzo brillante e solare, a 34 anni pronto a sfidare il mondo della medicina, con ambizione. E, secondo gli amici, mai aveva fatto o avrebbe potuto fare uso di stupefacenti. E poi, Attilio è mancino. Come può un mancino iniettarsi da solo le droghe sul polso sinistro? E perchè il cadavere presenta un gran numero di echimosi, il setto nasale deviato come se fosse stato colpito, lo scroto gonfio come se fosse uscito da una colluttazione? Come faceva Attilio a procurarsi tutto ciò da solo? Ed il medico legale non ha notato tutto ciò, visto che dall'autopsia non esiste un quadro che andasse oltre la decisione, presa aprioristicamente forse, che Manca fosse morto suicida?
Poche luci e troppe ombre. Forse la storia di Attilio è ben più delicata, forse della storia di Attilio ancora s'è scritto poco. Perchè può passare inosservato un dettaglio, ma troppe domande sembrano non trovare adeguata risposta nella parola suicidio.
Qui scatta una concatenazione di eventi e situazioni che, messi insieme, possono narrare un'altra verità.
Provenzano Bernardo, boss dei corleonesi, erede di Totò Riina al vertice di Cosa Nostra, sta male. Ha bisogno di un'operazione alla prostata. L'intervento a Binnu verrà effettuata a Marsiglia, nel 2003, alla clinica 'La Ciotat', da un' équipe formata dai medici Barnaud, Breton e Bonin. In quel momento, secondo le informazioni ottenute dalla famiglia Manca, Attilio non è a Viterbo, presso l'Ospedale dove presta servizio. E' in Costa Azzurra, a Marsiglia, per un'improvvisa vacanza.
Particolare coincidenza desta la figura di Ugo Manca, cugino di Attilio, al quale si era affidato per un'operazione urologica. Ugo Manca ha precedenti penali per legami con le cosche di Barcellona, e, secondo i legali della famiglia, la sua posizione non è stata analizzata e presa in considerazione per quanto dovuto. E, nel quadro ipotizzato dalla ricostruzione della famiglia, potrebbe essere una posizione fondamentale.
Anche nel mese di ottobre 2014 qualcosa sembra smuoversi. Giuseppe Setola, pentito del clan dei Casalesi, confida ai pm Nino di Matteo e Roberto Tartaglia, che esiste un collegamento fra la morte di Manca e Cosa Nostra, salvo poi ritrattare quache tempo dopo. Vuoto di memoria o memoria svuotata?
Marsiglia-Cugino-Setola. Tre elementi che potrebbero indicare un'altra via, quella della morte per mafia.
Chi non ha mai creduto alla storia scritta sugli atti processuali ma ha, sempre e continuamente, creduto nella giustizia, è la famiglia di Attilio. Non si son mai fermati, credendo che luce dovesse essere fatta, che la verità dovesse essere ancora scritta, perchè troppe pagine mancano a questo romanzo, ed il finale non rende onore al vero. Forse Attilio, contattato dalle cosche, non sapeva chi fosse quel paziente. O, forse, pur sapendolo ha preferito stare zitto. E, sempre forse, Attilio si era ribellato. O sapeva ormai troppo. Il forse è d'obbligo: le verità non si scova sui giornali, ma nelle aule in cui si recita 'La Legge è uguale per tutti'.
Ma quei 'forse' sono indizi e troppi 'forse' fanno una prova. O quasi.
Non un suicidio per overdose, ma un suicidio di mafia. Questa la posizione netta della famiglia e dell'avvocato Fabio Repici, a cui si è aggiunto anche l'ex pm-antimafia Antonio Ingroia, che hanno chiesto, più volte, la revisione del caso alla Procura di Viterbo, senza mai riuscire a far valere le loro tesi. Con tenacia, i coniugi Manca combattono: la sete di giustizia è tanta, la volontà di non vedere infangato il nome del proprio figlio ancor di più.
Salvatore Remorgida
(ph. giuliagrillo.it)