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ROMA, 19 FEBBRAIO – Potrebbe essere una giornata decisiva per comprendere quale sarà il destino del Partito Democratico e, conseguentemente, del centrosinistra nel panorama politico italiano dei prossimi anni.
Questa mattina all’Hotel Parco dei Principi della Capitale sta avendo luogo l’Assemblea nazionale del PD, dove l’ipotesi scissione sta emergendo con grande vigore. L’epoca del partito a “vocazione maggioritaria” – avviata con la formazione dell’Ulivo oltre dieci anni fa e poi confluita nel Partito Democratico nel 2007 – potrebbe essere in dirittura d’arrivo.
In questo momento la posizione di Renzi è immutata: il congresso deve essere fatto in questa primavera. Sembra questione di tempo, dunque, l’addio di alcune personalità della minoranza Dem, in primis dei rappresentanti dell’ala bersaniana, seguiti dai Governatori Enrico Rossi (Toscana) e Michele Emiliano (Puglia) e da Roberto Speranza, che ieri hanno lanciato una sorta di ultimatum alla maggioranza: o il congresso si terrà in autunno dopo una “conferenza programmatica” – quindi con il sostegno stabile al Governo Gentiloni, una rimodulazione della legge elettorale e la bocciatura a una ricandidatura dell’ex Premier – oppure non ci saranno alternative alla fuga.
Gianni Cuperlo, da sempre uno dei più attivi nel tentativo di legare le diverse anime del Partito, stamattina ha detto: “Mi auguro che fino all’ultimo istante utile si faccia ogni sforzo per non dividersi. C’è spazio per una mediazione. Bisogna andarlo a cercare e volerlo trovare”. Aggiungendo poi: “Faccio mio il motto del maestro Manzi: non è mai troppo tardi”.
Matteo Orfini, presidente del PD, ha confermato che Renzi sta per presentare ufficialmente le sue dimissioni da Segretario: “Sono arrivate le dimissioni formali del segretario e quindi per statuto si prevede la convocazione dell’assemblea”.
Intanto, Matteo Renzi sta proseguendo nel suo intervento assembleare, che è cominciato con un richiamo immediato alla pesante sconfitta referendaria, alle origini delle sue dimissioni da Premier.
“Tutto è nato dal referendum, io ho sbagliato e l’ho detto tante volte”, continuando poi: “C’è una frattura forte nella politica italiana. Mi sento responsabile della sconfitta: il referendum è stato una botta per tutto il sistema paese e abbiamo la responsabilità di rimetterci in moto. È tornata la prima repubblica senza la qualità della classe dirigente della prima repubblica. Si stanno scindendo tutti, anche alla nostra sinistra. Fratture che il proporzionale fisiologicamente esalta”.
Il Segretario uscente ha poi aggiunto: “La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Adesso basta: si discuta oggi ma ci si rimetta in cammino. Non possiamo continuare a stare fermi a discutere al nostro interno. Siamo fermi e impelagati nel dire ‘congresso sì-congresso no’. Lo voglio dire in totale chiarezza. Resti agli atti ciò che è accaduto in questi mesi. Io ho cercato di accogliere le proposte degli altri. Sono stato insultato andando all’assemblea del 18. Due delegati dell’assemblea, due amici storici, mi hanno detto bonariamente a male parole che stavo commettendo un errore. Non proprio così, ma si può immaginare cosa mi hanno detto”.
A proposito del tema "scissione", Renzi ha affermato: "Scissione è una delle parole peggiori, peggio c'è solo la parola ricatto, non è accettabile che si blocchi un partito sulla base dei diktat della minoranza", precisandoin seguito: "Tutti si sentano a casa nel Pd, liberi di discutere ma se in tutte le settimane c'è un'occasione di critica, se per tre anni si è pensato che si stava meglio quando si stava peggio, io non dico che siamo nemici né avversari ma dico 'mettetevi in gioco', non continuate a lamentarvi ma non potete immaginare di chiedere a chi si dimette per fare il congresso di non candidarsi per evitare la scissione non è una regola democratica".[MORE]
Carlo Giontella
Immagine da Fanpage.it