Ascensore esterno per i disabili e diritto di servitù di passaggio sulla strada
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CATANZARO, 18 GIUGNO - In tema di servitù di passaggio, non comporta diminuzione dell’esercizio della servitù l’esecuzione di opere, ovvero la modifica dello stato dei luoghi che, pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponibile a tal fine, la conservino, tuttavia, in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore scomodità dell’esercizio della servitù. Pertanto, l’ascensore costruito esternamente ad un Condominio per eliminare le barriere architettoniche non comporta nessuna riduzione del diritto di esercizio della servitù sulla strada davanti all’edificio e realizza la piena facoltà del fondo servente. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile - ordinanza n. 14500/2018, depositata il 6 giugno. [MORE]
Il caso. I titolari di una servitù di passaggio pedonale e carrabile sulla strada di proprietà di Condominio adivano il Tribunale competente lamentando la costruzione in adiacenza alla parete dell’edificio condominiale di un ascensore esterno che aveva ridotto il passaggio in questione da m. 4,15 a m. 2,50. Il Giudice di primo grado ravvisava la violazione dell’art. 1067 c.c. a causa del restringimento del transito provocato dall’ascensore “anche interpretando la norma in esame in senso costituzionalmente orientato alla luce dell’esigenza del condominio convenuto di eliminare le barriere architettoniche”. Altresì, argomentava come, in forza dell’espletata CTU, un’analoga opera, adeguata alla tutela dei portatori di handicap, poteva essere realizzata lungo la parete posta sul retro dell’edificio condominiale, senza sacrificare il diritto reale degli attori.
Avverso la sentenza di primo grado, il Condominio ricorreva in appello e la Corte d’Appello territoriale, in riforma dell’impugnata sentenza, affermava che la collocazione dell’ascensore nell’area gravata da servitù di passaggio “fosse l’unica soluzione idonea ad eliminare le barriere architettoniche”, escludendo, così, la violazione dell’art. 1067 c.c.. La soluzione alternativa, emersa dalla CTU e consistente nell’installare l’impianto sul retro dell’edificio condominiale, veniva ritenuta inadeguata sia per l’ubicazione del sito e la realizzabilità dell’intervento (possibile presenza di condutture interrate, ostacolo all’ingresso in un box di proprietà esclusiva di terzi), sia per le difficoltà di raggiungimento dell’ascensore da persone in condizioni di inabilità fisica (accesso dalla via pubblica e dal cortile interno servendosi di percorso più lungo e ricoperto da ghiaia, oppure tramite l’atrio comune ed il "locale biciclette").
Inoltre, ritenevano i giudici di secondo grado, che l’installazione dell’ascensore nel lato del cortile interno avrebbe avuto costi molto elevati, avrebbe compromesso la facciata del fabbricato ed avrebbe creato nuovi ingressi dall’esterno nei balconi di proprietà esclusiva, i quali avrebbero dovuto essere allungati con la creazione di ballatoi e muniti di cancelletti o di porte per motivi di sicurezza. Dunque, in definitiva, veniva esclusa la violazione dell’art. 1067 c.c., in quanto il restringimento del passaggio oggetto di servitù da m. 4,15 a m. 2,50 di larghezza consentiva comunque il passaggio di autoveicoli di tale ultima dimensione ed impediva unicamente la manovra di inversione di marcia.
Avverso la decisione di merito i titolari della servitù di passaggio proponevano ricorso per cassazione articolato in quattro motivi che si incentravano nell’ambito di applicazione del richiamato art. 1067 c.c., a rigore del quale il proprietario del fondo servente non poteva compiere nulla «che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo». Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte “in tema di servitù di passaggio, non comporta diminuzione dell’esercizio della servitù l’esecuzione di opere, ovvero la modifica dello stato dei luoghi che, pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponibile a tal fine, la conservino, tuttavia, in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore scomodità dell’esercizio della servitù”. La valutazione di quanto affermato era riservata al giudice del merito, il quale non poteva tenere giustificata la trasformazione “solo in considerazione della dinamica dei rapporti e dell’evolversi delle situazioni sociali”, vagliando tali esigenze con il libero e comodo ingresso che doveva essere garantito al titolare del diritto di passaggio.
Pertanto, le esigenze del fondo dominante dovevano essere contemperate con quelle del fondo servente nel rispetto delle facoltà di godimento del proprietario che non potevano essere totalmente elise dall’esistenza della servitù. Tra tali facoltà vi erano “anche (o soprattutto) quelle finalizzate a consentire una piena accessibilità alla casa di abitazione da parte di qualsiasi portatore di handicap o persona con ridotta capacità motoria”. Secondo i giudici di legittimità, in applicazione dei citati principi non poteva riscontrarsi nessuna inconciliabilità nella argomentazione della Corte d’Appello con la quale era stata valutata la piena funzionalità e necessità dell’impianto dell’ascensore allestito dal Condominio, inoltre, correttamente non era stata rilevata nessuna violazione dell’art. 1067 c.c., in quanto l’opera non aveva causato nessuna riduzione dell’esercizio della servitù di passaggio o una modifica all’originaria convenzione.
Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di legittimità.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express