Alessandro Profumo, l'ex ad di Unicredit rinviato a giudizio
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MILANO, 05 GIUGNO 2012- Rinviato a giudizio, dal gup di Milano Maura Marchiondelli, Alessandro Profumo, ex ad di Unicredit ha rinviato a giudizio, con l'accusa di frode fiscale. Insieme a lui, stessa sorte è spettata ad altre 19 persone. Il gup di Milano è arrivata a tale decisione, attraverso le indagini inerenti una presunta maxi evasione fiscale, che sarebbe stata organizzata da Unicredit e dalla banca inglese Barclays per 245 milioni di euro, mediante un'operazione di finanza strutturata denominata Brontos.
Secondo le ricostruzioni fatte, i due istituti, con l'aiuto di due società inglesi e lussemburghesi, avrebbero mascherato utili facendoli passare per dividendi, in modo tale da renderli soggetti ad una aliquota fiscale più bassa. Tra le persone imputate, ci sono 3 dipendenti della Barclays e 17 tra manager ed ex manager di Unicredit, tra cui, oltre all'ex ad Profumo, ci sono anche Patrizio Braccioni e Ranieri De Marchis, rispettivamente responsabili dell'area affari fiscali e della direzione finanza dell'istituto di credito. [MORE]
La suddetta inchiesta Brontos, aveva preso piede dopo che il pm di Milano Alfredo Robledo aveva posto in essere una serie di operazioni che avrebbero consentito a Unicredit di pagare meno tasse nel periodo 2007-2009. L'inizio del processo è stato fissato per il prossimo primo ottobre davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Milano.
In particolare la procura, agl'imputati contesta di "avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso e previo accordo tra loro, nelle rispettive qualità sottoindicate, al fine di evadere le imposte sui redditi e cagionando un danno patrimoniale di rilevante gravità, costruito una struttura complessa e artificiosa, predeterminata in ogni sua articolazione, così da non comportare alcun rischio economico o finanziario, unicamente volta a generare, sotto il profilo della rappresentazione contabile, proventi nella forma di interessi, che artatamente invece prospettavano dividendi ai fini della imponibilità fiscale, prevista solo nella misura del 5% del loro ammontare lordo". E concludono affermando che, "Le operazioni realizzate non avevano alcuna autonoma valenza economica ma servivano «esclusivamente all'ottenimento di un illecito vantaggio fiscale".
(Fonte: Corriere della Sera, La Repubblica)
Rosy Merola